Ladi Kwali, ceramista nigeriana, di Laura Candiani

Ladi era nata nel 1925 e morì il 12 agosto 1984 a Minna, in Nigeria. Il suo destino fu segnato dal luogo di nascita, infatti il villaggio di Kwali, situato nella regione di Gwari, tradizionalmente ha sempre assegnato alle donne la lavorazione della ceramica, quindi fin da bambina imparò a creare vasellame per uso domestico grazie alla tecnica antichissima dell’avvolgimento, diffusa sia in Africa sia in Grecia, in Cina e nel New Mexico, che non necessita del tornio, ma è interamente manuale. Si gira infatti una sottile striscia tubolare e si modella sbattendola dall’interno con una paletta di legno. Le piaceva poi abbellire ciotole, vasi, recipienti per l’acqua, pentole con disegni geometrici e figure stilizzate di animali, fra cui serpenti, scorpioni, coccodrilli, camaleonti, pesci.


Vaso per l’acqua, 1958-59, ceramica, fibre art, ø 320 mm,
Museum of New Zealand, Te Papa Tongarewa
Il suo era uno stile personale e originale, perfettamente simmetrico, a dimostrazione di una mentalità logico-matematica. Secondo le testimonianze dei familiari e del fratello minore, eccelleva davvero in quest’arte tanto che talvolta i suoi lavori venivano venduti prima ancora di essere realizzati. Gradualmente le opere vennero sempre più apprezzate e alcune furono acquistate dall’emiro della capitale Abuja, nella cui abitazione furono notate nel 1950 da Michael Ambrose Cardew, un inglese studioso di ceramica che visse in Africa una ventina di anni, incaricato dal suo Paese di occuparsi proprio del commercio e dell’industria del settore. Nella capitale, all’epoca chiamata ancora Suleja, aveva stabilito il centro della lavorazione della ceramica tradizionale e lì entrò nel 1954 Ladi, prima donna a venire ammessa. Con il tempo imparò a usare il tornio e tecniche per lei nuove come la smaltatura, la cottura in forno, la protezione dei pezzi fragili con l’utilizzo di appositi contenitori, avendo spesso ruoli di istruttrice per gli altri lavoranti (al momento tutti uomini). Cominciò pure a utilizzare inedite forme di “sgraffio” per decorare vasi, tingendo di rosso o di bianco la superficie per poi graffiarla per far emergere la tinta sottostante, utilizzando aculei di porcospino. Quando Cardew lasciò l’incarico, nel 1965, al centro affluirono altre quattro donne provenienti da Gwari: Halima Audu, Lami Toto, Assibi Iddo e Kande Ushafa. Il gruppo lavorò in una sorta di bottega artistica che chiamarono Dakin Gwari (la stanza di Gwari) per realizzare a mano grandi contenitori per l’acqua.


Modellavano e raschiavano l’interno con un guscio di lumaca, o un baccello duro, oppure la buccia di una zucca. Utilizzavano i motivi decorativi tradizionali, che graffiavano e poi riempivano con minuscole striscioline bianche, e spesso rendevano lucida la superficie con il celadonio, mentre si servivano di contrasti fra colori come il verde chiaro e il verde scuro, oppure il rosso ferro applicato ad alta temperatura. Si può dire dunque che queste tecniche erano un connubio fra i metodi tradizionali del loro popolo e del luogo di origine e le moderne applicazioni provenienti dall’occidente europeo. Le opere risultanti agli occhi del pubblico inglese e continentale erano simbolo e metafora del continente africano.

Ladi continuava con la consueta originalità ornando i vasi sia con disegni verticali sia con fasce in orizzontale, sia con figure che con elementi geometrici, per i quali si serviva di legnetti dentellati o di rotolini di spago che faceva ruotare sulla superficie, seguendo metodi risalenti alla lontanissima età neolitica. Anche la cottura era eseguita in modi tradizionali, utilizzando un forno con legna secca.
Ben presto si capì che questi oggetti non erano solo utili e belli, ma erano vere e proprie opere d’arte che vennero esposte nella capitale in varie mostre, quelle del 1958, 1959, 1962, organizzate da Cardew. Nel 1961 Kwali fu invitata in Gran Bretagna e dette dimostrazione pratica del suo metodo al Royal College, a Farnham, e a Wenford Bridge; si spostò poi in Francia e in Germania dove realizzò pubblicamente alcune opere. Una mostra dei suoi lavori, che riscosse grandi apprezzamenti, fu organizzata a Londra, alle Gallerie Berkeley, all’interno del British Museum. Nel 1963 ebbe l’onore di venire nominata Membro dell’Ordine dell’Impero Britannico. Nel 1972 andò con Cardew negli Usa dove venne riconosciuta la sua straordinaria capacità creativa. Nel 1977 ricevette la laurea ad honorem dall’Università di Zaria, in Nigeria. Tre anni dopo il governo del suo Paese le attribuì l’Ordine al merito (Nnom) e, nel 1981, divenne anche Ufficiale al merito del Niger (Oon). La sua immagine compare su una banconota nigeriana da 20 naira e la via principale della capitale le è stata intitolata. All’interno dell’Hotel Sheraton il centro congressi, dotato di dieci sale per convegni e cinque sale da ballo, ha preso il suo nome e lì vengono organizzati eventi di grande rilievo e conferenze. A partire dagli anni Ottanta per definire le ceramiche di Abuja si dice semplicemente “Ladi Kwali Pottery”.

Il 16 marzo 2022 Google le ha dedicato il doodle del giorno. Quello stesso anno, a Londra, si tenne una importante mostra al Two Temple Place (detto anche Astor House) consistente in lavori realizzati da ceramiste di colore per fare il punto sull’arte femminile degli ultimi 70 anni; il titolo era: Body Vessel Clay, Black Women, Ceramics and Contemporary Art; fra queste naturalmente era presente la produzione di Ladi Kwali. Oggi alcuni suoi pezzi unici si trovano presso importanti musei: il Victoria and Albert Museum, a Londra, lo Smithsonian National Museum of African Art, a Washington, la galleria dell’Università di Aberystwyth, in Gran Bretagna.
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grazie per avermi fatto conoscere questa bella storia di emancipazione femminile africana,. Il genio e l’estro sono da sempre trasversali…
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