l’Ultima Cena di suor Plautilla

L’Ultima Cena di Suor Plautilla

Tappa obbligata nell’itinerario di genere proposto per la città di Firenze è il grande olio su tela ospitato nella Sala del refettorio del museo di Santa Maria Novella. La grande opera, firmata da Suor Plautilla Nelli (Polissena Margherita de’ Nelli; Firenze, 1524-1588), è interamente occupata dall’episodio dell’Ultima Cena, impostato secondo lo schema tradizionale che prevede la presenza di un grande tavolo attorno al quale siedono Gesù e i dodici Apostoli, con Giuda seduto sul lato opposto a tutti gli altri a indicare il futuro tradimento di Cristo, che gli sta quasi di fronte col giovane San Giovanni evangelista dolcemente appoggiato a lui. Gli altri apostoli assumono pose ed espressioni varie a mostrare il loro turbamento al momento dell’annuncio di Gesù del prossimo tradimento da parte di uno di loro. La tavola è imbandita con pani, calici di vino e altri cibi e oggetti simbolici.

Ultima cena, Polissena Margherita de’ Nelli

L’opera è stata realizzata da Suor Plautilla per il refettorio del convento femminile domenicano di Santa Caterina da Siena di Cafaggio a Firenze, dove lei stessa aveva preso i voti a quattordici anni nel 1538. Quel luogo non esiste più perché, come molti altri in città, fu soppresso verso il 1817 dal governo francese di Napoleone Bonaparte. Le opere ivi conservate furono dislocate altrove e l’Ultima Cena approdò nel vicino convento domenicano maschile di Santa Maria Novella, dove è conservato da oltre due secoli. È infatti ben comprensibile come la nuova collocazione delle opere del convento di Santa Caterina avvenisse soprattutto in strutture ugualmente legate ai domenicani fiorentini, nell’ottica di conservare in seno all’Ordine il suo patrimonio storico.
In occasione dell’Alluvione di Firenze del 1966 l’opera di Plautilla, già presente nella sala del refettorio di Santa Maria Novella, non fu toccata direttamente dalle acque dell’Arno, ma subì comunque conseguenze indirette dell’evento. L’opera, che presentava sollevamenti e cadute di colore anche importanti, è stata oggetto di un notevole restauro nel 2015-2019, realizzato dalla restauratrice Rossella Lari e finanziato grazie ad Awa-Advancing Women Artists, un’istituzione internazionale che favorisce l’individuazione, la tutela, lo studio e la valorizzazione di opere d’arte realizzate da donne, anche grazie ad azioni di fundraising.

La restauratrice Rossella Lari

L’opera è stata sottoposta, prima dell’intervento vero e proprio, a una serie di indagini diagnostiche a cura del Cnr, che hanno tra l’altro chiarito la composizione chimica dei pigmenti, evidenziato la presenza di otto mani diverse, mostrato la presenza esigua di disegno preparatorio sottostante: ciò indica che Plautilla poteva contare su un buon entourage di collaboratrici, oltre che su un’ottima capacità disegnativa e organizzativa e su una altrettanto buona preparazione tecnica. Le pennellate di Plautilla sono risultate decise e piene di colore, rivelando forse non solo le caratteristiche del suo stile, ma anche le peculiarità della sua personalità, come ha suggerito Lari. Al temine del lavoro l’opera è stata ricollocata nel refettorio del Museo di Santa Maria Novella, in una posizione elevata, a fronteggiare un’altra Ultima Cena, quella del contemporaneo Alessandro Allori.

L’Ultima Cena è citata da Giorgio Vasari nella seconda edizione delle sue Vite (1568): il pittore e primo storico dell’arte parla con un certo stupore di suor Plautilla — che ha “fatto meravigliare gl’artefici” — e della sua capacità artistica, sviluppata nonostante gli esigui contatti con il mondo esterno al convento. Vincenzo Fortunato Marchese (1845) riporta l’aneddoto per cui, essendo Plautilla impossibilitata a studiare l’anatomia maschile, dovette limitarsi ad analizzare il corpo di una consorella defunta, tanto che le altre suore dicevano che suor Plautilla non faceva “Cristi ma Criste”. Recentemente la figura di Plautilla è stata ampiamente studiata e apprezzata e in particolare all’Ultima Cena è stato dedicato un volume in doppia lingua che racchiude interventi dedicati al restauro e all’approfondimento della sua autrice: Visible: Plautilla Nelli e la sua Ultima Cena restaurata, a cura di L. Falcone, Firenze 2019.
Questa grande tela è la più importante testimonianza dell’attività di Suor Plautilla Nelli nella Firenze di pieno Cinquecento (1560-ante 1568 circa), sia per le sue dimensioni imponenti (cm 670×190) sia per la presenza di una firma in cui la suora esorta chi la ammira a pregare per “la pittora”, rivendicando così il suo ruolo ma anche la sua natura femminile.

La firma di Suor Plautilla

Si tratta della prima opera nota col soggetto dell’Ultima Cena realizzata da una donna, ma anche di un dipinto di dimensioni del tutto insolite per un’autrice femminile. Inoltre, è il prodotto di una vera e propria bottega pittorica, sul modello di quelle tanto diffuse nella Firenze rinascimentale: Plautilla l’aveva creata, con notevole iniziativa imprenditoriale, all’interno dell’unico luogo in cui le era stato concesso di svolgere la propria vita, il convento di Santa Caterina di Cafaggio. La pittrice aveva coinvolto alcune consorelle e realizzato opere destinate non solo a persone del loro convento, ma anche per commissioni esterne, fossero queste di nobili fiorentini che chiedevano piccoli dipinti per la devozione privata, oppure conventi domenicani toscani e non. Questa attività era tanto ben gestita che permise alle suore di far raggiungere al convento l’indipendenza economica, cosa davvero singolare per l’epoca.
A Plautilla si attribuiscono con sicurezza, oltre alla nostra Ultima Cena, anche un Compianto su Cristo morto, sempre per il suo convento di Cafaggio, ora conservato nel Museo di San Marco a Firenze, e una Pentecoste destinata al convento domenicano di San Domenico a Perugia e tuttora lì conservata. Inoltre, le si attribuiscono due lunette nel Cenacolo di San Salvi con Santa Caterina da Siena e San Domenico, il ritratto della domenicana Santa Caterina de’ Ricci, una Annunciazione ora presso la Galleria degli Uffizi.

L’attività di Plautilla Nelli si svolse a partire dalla metà circa del Cinquecento e nella seconda metà del secolo, ma la pittrice, da dietro le mura del suo convento non poté assistere al mutare del gusto artistico dal Rinascimento al Manierismo: Plautilla restò fedele alla tradizione della “Scuola di San Marco”, che si era sviluppata all’inizio del XVI secolo presso il secondo convento domenicano di Firenze e attorno al suo più famoso predicatore, fra’ Girolamo Savonarola. Qui, dove aveva vissuto e dipinto nel XV secolo il Beato Angelico, lavorarono importanti pittori come Andrea del Sarto, Mariotto Albertinelli, Lorenzo di Credi e soprattutto Fra’ Bartolomeo, figura molto importante per la formazione di Plautilla, che ammirò e studiò le sue opere e possedette suoi disegni. Naturalmente l’osservazione delle opere di pittori che avevano lavorato per i domenicani e per lo stesso convento di Cafaggio fu fondamentale per la formazione del linguaggio artistico di Plautilla, ma pare che la giovane suora si fosse potuta giovare all’interno del suo convento dell’attività di disegnatrice di Suor Maria Cleofe di Lorenzo. In generale, però, Plautilla fu un’autodidatta di grandissime capacità, che le permisero di raggiungere risultati professionalmente elevati nonostante la mancanza di una vera e propria formazione di bottega.
Come già notava Vasari, una peculiarità dell’Ultima Cena di Plautilla è la femminilità delle grandi figure degli Apostoli, per i quali forse la suora prese spunto dai volti e dagli atteggiamenti delle sue consorelle, del resto le uniche persone che potesse vedere ogni giorno.

Ultima Cena (particolare)

Plautilla doveva avere comunque a disposizione una qualche riproduzione del Cenacolo di Leonardo a Milano, perché è proprio da questo modello illustre che la suora riprende il dinamismo e le reazioni diversificate e vivaci degli Apostoli, che tuttavia appaiono stemperati da una sensibilità più intima, che ben si esprime nell’atteggiamento di sereno trasporto del san Giovanni che poggia il capo sul petto di Cristo e assapora a occhi chiusi la dolcezza della reciproca comprensione e vicinanza.