Filomena Martellotta, l’educatrice dal mare, di Sveva Fattori

Filomena Martellotta, l’educatrice dal mare

Lo scirocco sembra aver cancellato le sue tracce. Le impronte lasciate lungo il suo cammino appaiono sbiadite, portate via dal vento che ha soffiato su Taranto durante lo scorrere degli anni. Tuttavia, qualcosa di lei e delle sue mirabili gesta ha resistito al tempo.
Nella sua città natale, in via Galilei, l’Istituto di Istruzione Superiore “Principessa Maria Pia”, ne rammenta e ne rinvigorisce la memoria.

Istituto di Istruzione Superiore “Principessa Maria Pia”

Nonostante la sua nuova veste, l’edificio conserva intatto il ricordo del passato, di quel tempo in cui fu una scuola privata di Avviamento Professionale per la Donna. La sua fondazione, datata al 1923, si deve proprio a lei: Filomena Martellotta, educatrice che riteneva l’insegnamento il mezzo principale per l’autonomia economica femminile e, insieme, per l’emancipazione sociale e culturale delle donne.
Nata nel capoluogo dell’omonima provincia nel 1898, Filomena ebbe l’intenzione di realizzare una scuola professionale per ragazze osservando i tanti istituti del genere presenti in Toscana, in particolare a Firenze, la città dove si era trasferita per motivi di studio. Qui la ragazza dette finalmente forma a un’idea che le balenava in testa fin dall’adolescenza. Quanto osservato le tornerà utile più tardi quando, di ritorno in Puglia, a soli venticinque anni, costruirà la prima Scuola Industriale Femminile di Taranto. L’Istituto viene eretto in Piazza Castello, lì dove rimarrà fino al 1950, l’anno in cui venne intitolato alla principessa Maria Pia di Savoia. L’intitolazione si deve al fatto che iniziative del genere riuscirono a vedere la luce grazie anche all’impegno della casa regnante e della stessa principessa, desiderosa di «permettere alle ragazze di coniugare una solida preparazione culturale di base con quelle attività peculiari per le donne del tempo, come saper cucire, cucinare, gestire la casa, ricevere gli ospiti».

Bisso

All’interno della scuola, Filomena creò un laboratorio per la lavorazione del bisso, una preziosa e rara fibra tessile di origine animale, sorta di seta naturale marina, che si ottiene dai filamenti di grandi molluschi bivalvi marini, la Pinna Nobilis, pescati in apnea senza danneggiarli. Si tratta di un’antica tecnica, tramandata nei secoli, sviluppata esclusivamente nell’area mediterranea — e ancora oggi in uso nell’isola di Sant’Antioco — che si compone di quattro fasi principali: l’estrazione e la dissalazione, la cardatura e filatura, la torsione e la colorazione e, infine, la tessitura. Il primo passaggio è relativo all’estrazione dei filamenti dalla Pinna Nobilis e alla pulizia del piccolo bioccolo, ovvero della sostanza filamentosa che essa produce. Per la dissalazione è previsto un procedimento molto lungo che consta di ben venticinque giorni di permanenza in acqua dolce — con un ricambio d’acqua ogni tre ore — e di un bagno nel succo di limone per schiarirlo. Successivamente, il bisso viene sottoposto a cardatura per la rimozione delle impurità. Per la prima lavorazione della fibra vengono utilizzati strumenti quali il cardo a spilli e la spoletta; poi, per la filatura, è «indispensabile un piccolo fuso in ginepro che permette di eseguire manualmente la torsione e concatenare fibre non più lunghe di 2-3 cm». Nel caso del ricamo, la torsione dovrà essere a S, a Z per la tessitura con le unghie su orditi di lino. La battitura con lino e bisso si esegue con un telaio manuale di legno, pettini di canna, licci in lino e pedali in corda. Dopo la tintura, realizzata solitamente con metodi naturali, si procede con la tessitura: il bisso filato viene intrecciato per creare stoffe pregiate.

Pinna Nobilis

Da sempre ammaliata da questo tipo di tessuto, l’educatrice, non riuscendo a comprendere il complicato procedimento di lavorazione, si rivolse ai pescatori locali per imparare il meccanismo di estrazione del filo; una volta appresa la tecnica, Filomena aprì le porte della sua scuola a tutte le ragazze della città. L’interesse mostrato dalle fanciulle locali fu tale che nel 1924, a solo un anno dall’apertura, l’Istituto contava già ben duecentocinquanta iscritte. Tra i tanti lavori a cui si dedicavano le alunne, i tessuti in bisso “a pelliccia” erano particolarmente apprezzati per la loro morbidezza e per le sfumature di colore che ricordavano il pellame della martora e la lucentezza delle alghe marine.
Si deve a Filomena, che della scuola era la direttrice, anche il merito di aver ripristinato l’uso dell’antica porpora, un pregiato colore naturale estratto dalle conchiglie dette murici.

Murici
Porpora

Sempre sotto la sua guida, nel 1928, l’istituzione, a cui venne annessa la Regia Scuola di Avviamento Professionale, prese il nome di Regia Scuola di Tirocinio. Al suo interno, vennero istituiti per volontà di Filomena anche un asilo nido e una Casa del Bambino, due luoghi deputati ad accogliere i figli e le figlie delle donne impegnate al lavoro.
Questa scuola, che nel 1951 fu pioniera nel permettere alle «giovani con licenza media di accedere agli studi per l’insegnamento di Economia domestica e Lavori Femminili» e che, successivamente, venne convertita in Istituto tecnico femminile con — dal 1961 — la possibilità di accesso delle diplomate alle facoltà universitarie, è l’eredità che Filomena ci ha lasciato…
Un’eredità che, a dispetto della morte prematura — a causa di febbri tifoidee e della peritonite l’educatrice muore nel 1933 a soli trentacinque anni —, prosegue e alimenta il suo operato di nuova linfa vitale.
Ne è ben consapevole il corpo docente che l’ha succeduta. Memori della storia di cui sono eredi, i professori e le professoresse dell’Istituto “Principessa Maria Pia” ne hanno dato lustro, il 7 maggio di quest’anno, accogliendo nell’aula magna della scuola l’evento Il quadro ricamato in bisso. Da cosa nasce cosa, «la presentazione pubblica del restauro di un raro ricamo in bisso, eseguito con cura e passione dagli/dalle studenti dell’Istituto», con la supervisione della restauratrice Patrizia Labianca.

Arazzo Mare

«Siamo gli eredi di una storia importante, iniziata nel 1923 con Filomena Martellotta, che fondò questa scuola per sole donne. Abbiamo raccolto quel testimone e lo abbiamo portato avanti», ha detto la professoressa responsabile del progetto Valeria Carrieri.
Pur non partecipando direttamente al bel progetto di memoria storica, anche noi vogliamo contribuire a renderle omaggio dedicandole questo breve scritto. Vorremmo poter dire di più, ma purtroppo, per quanto ci siamo impegnate in un’opera di recupero e di ricerca che ne potesse mettere in luce aspetti finora inediti, la vita di Filomena continua a essere in parte un mistero, costretta in un resoconto che sicuramente non restituisce pienamente la grandezza della donna che fu.

Taranto

Oltre alla sua straordinarietà, alla determinazione e alla lungimiranza, in queste poche righe si è voluta cogliere anche la profonda connessione che Filomena aveva con il mare della sua regione. D’altronde, le antiche tradizioni da lei recuperate hanno tutte a che fare con l’abisso blu. E allora, ci permettiamo di definirla l’educatrice dal mare, l’insegnante che, non dalla terra ma dall’acqua, ha estratto ciò che di prezioso e utile essa poteva offrire e lo ha messo a servizio delle donne e della loro libertà.