Essere prof di sostegno, di Daniela Domenici

Questo è il quinto anno consecutivo che scelgo di fare la prof di sostegno invece che d’inglese e forse sarà anche l’ultimo perché le colleghe bene informate mi hanno detto che se per caso riesco, alla mia verde età (quando si dovrebbe andare in pensione e sono invece ancora felicemente precaria) a sostenere e a vincere il concorso che tra poco verrà bandito dovrò nei restanti, prossimi anni essere soltanto prof d’inglese, lingua in cui sono laureata nonché abilitata.
Questo incipit per dire quanto mi faccia soffrire il pensiero che non potrò più essere prof di sostegno, ruolo che ho scoperto casualmente nel dicembre del 2011, pochi mesi dopo esser tornata a vivere a Firenze, quando una scuola fuori Firenze mi convocò e che dal quel giorno sento profondamente congeniale, mio, che mi fa sentire realizzata.
In questi cinque anni ho insegnato in cinque scuole diverse, sempre medie, occupandomi di bambini e bambine con disabilità diverse, sia fisiche che psichiche, collaborando sempre, più o meno proficuamente e serenamente, con educatori ed educatrici. Escludendo una scuola di cui voglio dimenticare anche il nome per le altre quattro vorrei ringraziare con questo post tutte le/gli splendide/i educatrici/tori, le/gli splendide/i colleghe/i del sostegno (anche quelli che ho conosciuto in questa nuova scuola dove rimarrò fino al 30 giugno) per la passione, l’amore e la professionalità che mettono in questa che per me (e anche per molte/i di loro) è una missione, non solo un lavoro come un altro per avere uno stipendio a fine mese.