Sempre sul petrarchismo, di Adele Libero


Ancora un’interessante lezione presso l’Humaniter, da parte della Professoressa Giovanna Sgambati, che sta tenendo un corso di letteratura italiana comparata con quella straniera. Ed anche oggi si è partiti dal Petrarca e dal petrarchismo.
Tra i componimenti più suggestivi del Petrarchismo troviamo un sonetto di Giovanni della Casa (1503-1556), noto ai più per il famoso Galateo. L’innovazione che troviamo nel suo sonetto è l’enjambement, cioè la particolarità di far proseguire sia grammaticalmente che come significato il il verso in quello successivo. Un espediente che dà maggiore respiro espressivo alla composizione e che fu molto amato dal Foscolo.
Ecco il sonetto in questione: O sonno, o de la queta umida ombrosa (da Rime e prose).
O sonno, o de la queta, umida, ombrosa
notte placido figlio; o de’ mortali
egri conforto, oblio dolce de’ mali
sì gravi ond’è la vita aspra e noiosa;
…
soccorri al core omai, che langue e posa
non have, e queste membra stanche e frali
solleva: a me ten vola, o sonno, e l’ali
tue brune sovra me distendi e posa.
…
Ov’è ’l silenzio che ’l dì fugge e ’l lume?
E i lievi sogni, che con non secure
vestigia di seguirti han per costume?
…
Lasso, che ’nvan te chiamo, e queste oscure
e gelide ombre invan lusingo. O piume
d’asprezza colme! o notti acerbe e dure!
Uno stile, quindi, molto più personale rispetto agli altri seguaci del Petrarca.
Infine, vorrei ricordare, con l’occasione, un’altra grande poetessa del tempo. Si tratta di Vittoria Colonna (1492-1547) un’altra autrice trattata nel saggio di Daniela Domenici “Moderata Fonte e le altre” al pari di Gaspara Stampa, della quale abbiamo dato qualche accenno la settimana scorsa.
Vittoria Colonna era una donna di nobili origini, andata in sposa Francesco D’Avalos, che amò fino alla prematura morte di lui, in battaglia. Tenne un circolo letterario con i migliori nomi del tempo e scrisse rime fino alla fine, convinta che solo la fede e la poesia potessero esserle di conforto. Peraltro, però, tenne per parecchi anni un’amicizia con Michelangelo Buonarroti, che le dedicò numerosi sonetti, tanto da far pensare addirittura ad un amore platonico.
Nel sonetto della poetessa che sotto è riportato si può notare l’utilizzo della tecnica circolare (aprire e chiudere la poesia con un riferimento allo stesso tema, in questo caso il Sole, inteso sia come astro che come figura del marito defunto). Nella parte centrale della composizione, invece, si parla di sé e delle proprie pene. In alcuni casi il verso risulta sofferente, spezzato e questo grazie anche all’uso di termini opposti, antitetici.
SONETTO LXXXVI
Quando ’l gran lume appar nell’ Oriente,
Che ’l negro manto della notte sgombra,
E dalla terra il gelo, e la fredd’ ombra
Dissolve, e scaccia col suo raggio ardente;
…
Dell’ usate mie pene alquanto lente,
Per l’ inganno del sonno, allor m’ ingombra,
Ond’ ogni mio piacer risolve in ombra,
Quando da ciascun lato ha l’ altre spente.
…
O viver mio nojoso, o avversa sorte!
Cerco l’ oscurità, fuggo la luce,
Odio la vita ognor, bramo la morte.
…
Quel, ch’ agli occhi altrui nuoce, a’ miei riluce,
Perchè chiudendo lor, s’ apron le porte
Alla cagion, ch’ al mio Sol mi conduce.