Panni sporchi per Martinengo, di Fabrizio Borgio, Fratelli Frilli editori, recensione di Daniela Domenici

Che bello leggere un giallo senza omicidi e senza violenza! Il nuovo libro di Fabrizio Borgio mi è piaciuto per vari motivi, il primo dei quali è, appunto, quello che ho detto nel mio incipit. Eppure, nonostante questo, è attraente, si legge con piacere, ha un suo fascino che proverò a raccontarvi.

Innanzitutto l’amore appassionato per le Langhe, terra che, purtroppo, ancora non conosco ma che ho imparato ad apprezzare grazie alle descrizioni dettagliate di Borgio, dovrò colmare questa lacuna geografica per questo angolo di Piemonte che diventa coprotagonista insieme al detective Martinengo. Ottimo l’escamotage stilistico di iniziare ogni capitolo con una citazione di autori di quella zona, da Pavese a Fenoglio a Bocca, che connota ulteriormente, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la “langhesità” di Borgio.

L’altro elemento che mi ha attratto è quello con cui ho iniziato questa mia recensione, la totale assenza di omicidi con il relativo contorno di violenza; l’autore ha immaginato una storia di “panni sporchi”, appunto, di intrighi, di transazioni, di collisioni, di falsità, il tutto nascosto dietro la facciata del perbenismo di una famiglia; ma Martinengo riuscirà, con perseveranza, a sciogliere la matassa intricata di questi traffici e ad assicurare alla giustizia i/le colpevoli.

Un ultimo complimento va alla figura dell’amico e collaboratore sui generis di Martinengo, Buscafusco, l’autore lo caratterizza perfettamente a tal punto che sembra di vederlo; nelle NdA finali Borgio ringrazia lo scrittore Davide Mana che lo ha inventato e che ha permesso a Borgio di affiancarlo a Martinengo