numero undici, di Jonathan Coe, recensione di Loredana De Vita
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Nel suo romanzo “Numero undici” (Feltrinelli, 2015) Jonathan Coe ci presenta una realtà sociale e politica che devasta il quotidiano dimostrando che nulla di quello che accade nella società possa non avere influenza nel quotidiano comune di ciascun cittadino.
Gli eventi politici, i comportamenti sociali, lo sviluppo di realtà pseudo societarie come i reality show, la profonda e perenne divisione tra chi è ricco e ostenta la sua ricchezza fino al parossismo, la fobia o l’ossessione che trasformano in inferno ogni vita comune, sono gli argomenti narrati in questo romanzo con destrezza, ironia e lucidità dal Coe.
La struttura del romanzo sembra voler spezzettare in frammenti la vita delle protagoniste, Rachel e Alison, eppure, proprio grazie a questa frammentazione sarà possibile comprendere come il vuoto sociale segua l’individuo durante tutte le fasi della sua vita.
I cinque racconti, infatti, analizzando, anzi, meglio, mostrando uno degli aspetti su citati, porta il lettore al riconoscimento della realtà in cui egli stesso è immerso e dalla quale, nonostante la penna ironica e talvolta dissacrante dell’autore, nessuno può sottrarsi.
Leggendo, sembra effettivamente di essere trascinati in una realtà parallela per poi accorgersi, invece, che quella non è una realtà “altra”, ma la realtà comune e quotidiana che attraversiamo come ciechi e spesso ottusi protagonisti.
Il titolo del romanzo, “Numero undici”, è stato interpretato come riferimento al fatto che questo sia l’undicesimo romanzo di Jonathan Coe, ed è certamente così, eppure, da una mente sottile e arguta come quella dell’autore, credo si possano immaginare altri possibili collegamenti al numero 11 che diventa quasi un ossessione per la sua ricomparsa continua nelle diverse parti del romanzo (come numero civico, di autobus, etc.). Una, tra le altre possibilità, è il riferimento all’11 settembre 2001 che rappresentò una caduta nell’abisso della diffidenza non solo per gli americani ma per il mondo intero.
Queste, comunque, sono solo interpretazioni, quello che forse è davvero significativo del titolo è l’assenza in copertina del sottotitolo che l’autore ha dato al suo romanzo, sottotitolo che compare, invece, sul frontespizio del volume: “Storie che testimoniano follia”.
La follia cui si fa riferimento non è patologica, ma potrebbe diventarlo nell’abitudine a essa e nell’atteggiamento di indifferenza reciproca e nella crescita dell’individualismo che chiude persone e mondo entro recinti non oltrepassabili.
“Numero undici” (Feltrinelli, 2015) di Jonathan Coe, è un romanzo ingegnoso capace di mostrarci in modo semplice e diretto la realtà spesso inquietante del nostro quotidiano mondo.