la vedova, di Josè Saramago, recensione di Loredana De Vita
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Nel centenario della nascita di José Saramago, la Feltrinelli pubblica il suo primo romanzo assegnandogli il titolo originario voluto dall’autore, “La vedova”, e non quello con cui fu pubblicato per la prima volta in Portogallo, “Terra del peccato”.
Così, in “La vedova” (Feltrinelli, 2022) troviamo la scrittura di un giovane Saramago alla sua prima pubblicazione. Non era molto fiero del cambio di titolo, come, forse, del romanzo stesso, visto che nell’ “Avviso” scritto di sua mano leggiamo “Frastornato tra la vittoria della pubblicazione del libro e la sconfitta di veder cambiato il nome di quest’altro figlio, l’autore ha abbassato la testa (…) a giudicare dal campione, il futuro non avrebbe avuto molto da offrire all’autore de La vedova”.
In realtà, nel romanzo, si trovano molte delle qualità artistiche e del pensiero dell’autore, sebbene lo stile non corrisponda a quello poi sviluppato da Saramago nella sua scrittura così introspettiva, con poca ed essenziale punteggiatura, con la sua critica alla società contemporanea e ai luoghi comuni che diventano dei diktat per la società massificata e individualista che ci circonda.
Eppure, “La vedova” è un bel romanzo. Una storia in cui Saramago, ribelle osservatore per natura, è già in grado di lavorare per opposti (aveva solo 24 anni quando scrisse questo romanzo) e di caratterizzare due figure femminili di cui una irrompe nella ovvietà circa la condizione femminile rivelando gli aspetti oscuri perché obbligati a essere nascosti di una donna, la sua sessualità.
Lavora per contrasti, dico, poiché le due figure femminili protagoniste potrebbero essere l’una l’alter ego dell’altra, odiarsi eppure cercarsi per tentare una riconciliazione con la realtà individuale di entrambe, una riconciliazione resa possibile solo dall’accettazione della realtà e da una soluzione che appaghi entrambe.
Così, Maria Leonor, la vedova, donna giovane e appassionata, riscopre dopo il periodo di lutto, la sua passione sessuale prima osservando l’amore segreto di una cameriera con un operaio della sua tenuta e, successivamente, sperimentandola sul proprio corpo. Maria Leonor si sente in colpa, sente di tradire la memoria del marito, eppure, non può resistere al desiderio sessuale che la assale e vi cede.
La sua controparte è Benedita (nomen omen), la governante che si è da sempre presa cura di lei proteggendola e guidandola. Donna puritana all’estremo, diventa, consapevolmente o meno, la coscienza di Maria Leonor e anche la sua accusatrice sebbene compia delle azioni per proteggerla dallo scandalo, queste divengono armi per controllare la sua padrona.
In questo binomio tra purezza e scandalo, si gioca la relazione tra le due donne, ma anche l’equilibrio della famiglia e i figli, il benessere della tenuta, il rapporto con parenti e amici. Maria Lenor si sente prigioniera di Benedita, ma anche del suo stesso comportamento.
Il problema cresce man mano che cresce il suo desiderio che coinvolge due uomini legati alla tenuta, Antonio (fratello del defunto marito) e Viegas (medico e amico di famiglia). Se ad Antonio viene offerta una via di salvezza dallo scandalo, sebbene a costo della verità, Viegas resta invischiato nel suo stesso tentativo di salvare Maria Lenor sposandola.
Tutto nella narrazione porta al finale inaspettato che Saramago ci propone e di cui, ovviamente, non faccio parola. Un finale che, effettivamente, risolve la questione, ma un finale molto amaro.
Interessante il valore della natura e degli oggetti nelle descrizioni di Saramago, tutto diventa specchio della natura duplice dei personaggi, tutto sembra custodire un segreto.
“La vedova” di José Saramago è un romanzo rapido da leggere, lineare nella narrazione concepita come il flusso di eventi già prestabiliti poiché nessuno può deviare fino in fondo dal ruolo che deve ricoprire. Di certo non è la scrittura del Saramago maturo che conosciamo attraverso altri suoi romanzi, ma non vi è dubbio che sia un romanzo che lascia un’impronta forte nel pensiero e nella riflessione del lettore.