accadde…oggi: nel 1885 nasce Drusilla Tanzi, di Sabrina Linsalata

LE DONNE CHE HANNO FATTO LA STORIA – Drusilla Tanzi, il prezioso insetto miope di Eugenio Montale

 

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“Ho conosciuto una simpatica e intelligente sua ammiratrice … porta il bizzarro nome di Drusilla…” . Così scrive Montale a Svevo nel giugno del 1927, riferendosi al primo incontro con Drusilla Tanzi una “sveviana accanita”, allora sposata con il critico d’arte Matteo Marangoni. Più grande di lui di ben dieci anni, proviene da una famiglia importante di Milano: nipote del famoso psichistra Eugenio Tanzi e sorella di Lidia (la madre di Natalia Ginzburg).  Dal 1939, diventerà prima compagna e poi sua moglie,  ma soprattutto ricoprirà il ruolo di guida. Benché molto miope, con le sue “pupille tanto offuscate” come quelle di una mosca, Montale le attribuisce un’innata capacità di orientarsi nel mondo tra le speranze e le delusioni del secondo dopoguerra e le affibbia il simpatico soprannome di “Mosca”.

In ogni caso, l’originalità di questa storia d’amore non risiede affatto nella devozione totale, infatti Drusilla non è certo l’unica donna che  rapisce il cuore del poeta. Più volte minaccia il suicidio per evitare che il marito fugga qua e là tra l’Europa e l’America dalle sue “altre” donne. Egli stesso racconta di averla frenata  due volte dal commettere un gesto folle per evitare che lui andasse via, o semplicemente che si allontanasse da lei. Di contro, quello  che stupisce e commuove da parte di Montale è la perfetta comprensione della preziosa eredità che questa  minuta donna  lascia alla sua morte avvenuta nel 1963. Non a caso, Montale si chiude in sé stesso e medita sulla sua mancanza, scoprendo e valorizzando quanto gli ha insegnato senza che lui se ne rendesse conto, quanto l’ha in realtà avvinto a sé e partorisce dalla sua penna ben ventotto poesie dedicate a lei . Poesie che andranno a confluire nella raccolta Xenia pubblicata nel 1966.

Drusilla lascia ad Eugenio prima di tutto il coraggio. Il poeta la cerca, tra il ticchettio della sua telescrivente e il fumo evanescente dei propri sigari. Desidera vederla comparire, desidera che la donna gli indichi la verità di tutto, così come riusciva a fare in vita. Si affida a lei, ai suoi sensi, al suo “infallibile radar” che smaschera le bugie e manifesta nude, scomode ma sublimi verità. “Mosca” lo conduce per mano fin dentro i luoghi della sua anima. E senza i suoi  occhiali che “sbrilluccicano”, il poeta si sente nudo e preda di tutto, scopre che l’amore non finisce in morte. Ma continua. Sempre e per sempre. Tutto ciò che Eugenio Montale prova per questa donna viene esaltato in una delle sue poesie più commoventi. Una poesia che è un inno all’amore eterno e alla bellezza perfetta di due cuori che battono all’unisono, nonostante la nebbia, nonostante i dolori, attraverso la vita e oltre la morte. Una vera e propria dichiarazione d’amore nei confronti della donna amata, triste e nostalgica, ma molto sentita.

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