I racconti della peste, di Mario Vargas Llosa, regia di Carlo Sciaccaluga, al Teatro Nazionale di Genova, recensione di Daniela Domenici

foto di Davide Sgroi

Dopo aver debuttato al teatro Stabile di Catania lo scorso novembre è arrivato ieri sera al teatro Nazionale di Genova “I racconti della peste”, un’opera teatrale in due atti, del 2015, mai rappresentata prima in Italia, dello scrittore peruviano, premio Nobel , Mario Vargas Llosa il quale ha immaginato che cinque persone, due donne e tre uomini tra cui lo stesso Boccaccio, si ritirino in una villa per sfuggire al contagio e sul modello del Decameron decidano di mettere in scena una continua azione fantasiosa  che allontani la paura della peste e l’angoscia della morte.

Ed è stato Teatro con la T maiuscola quello che il numeroso pubblico presente ha visto, ascoltato e vissuto grazie alle scene e ai costumi di Anna Varaldo, alle musiche di Andrea Nicolini e alla superba arte attoriale di Angelo Tosto, Barbara Gallo, Roberto Serpi, Giorgia Coco e Valerio Santi.  Si muovono su un palcoscenico rotante, ingegnosa scelta registica di Sciaccaluga, sul quale si accendono le luci man mano che ognuno/a di loro si presenta alla ribalta interpretando ruoli sempre diversi che ruotano attorno a Boccaccio – Roberto Serpi e alle sue continue metamorfosi o alle vicende coniugali del conte Ugolino – Angelo Tosto e di sua moglie Amita – Barbara Gallo. Insieme a loro due giovani artisti di strada, Panfilo – Valerio Santi e Filomena – Giorgia Coco.

Nel secondo atto vengono rappresentate tre novelle del Decameron con un caleidoscopio di personaggi che si muovono in modo frenetico tra finzione e realtà, tra arte e vita e che hanno lasciato il pubblico in un’intensa apnea emozionale, con qualche momento di sorrisi, fino ai lunghi e calorosi applausi finali.

Si replica fino al 22 aprile, non perdetevelo!

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