accadde…oggi: nel 1920 nasce Laura Diaz, di Luciano Canessa

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Laura Diaz, nata a Livorno il 25 aprile 1920, crebbe in una famiglia benestante di idee moderne, una famiglia dell’alta borghesia. il padre Augusto1, avvocato, volle dare ai figli una educazione avanzata rispetto ai tempi e al modo di vivere provinciale di Livorno.

Laura, la sorella Gigliola e il fratello Furio (sindaco di Livorno dal 1944 al 1954, nonché illustre docente universitario) uscivano da soli e godevano di grande libertà. Abitavano ad Ardenza Mare in una lussuosa villa, circondata dal verde, di fronte ai Bagni Fiume. I livornesi più anziani ricordano Laura Diaz, vestita da cavallerizza, che andava a cavallo nella periferia della città. Frequentò il ginnasio e studiò materie letterarie per suo conto senza un indirizzo preciso. Mentre le coetanee pensavano al matrimonio, lei pensava al lavoro che avrebbe fatto anche se non aveva le idee chiare sul genere di impiego. La guerra impedì ogni progetto, poi nel 1944 si iscrisse al PCI. Fu Ilio Barontini, segretario della federazione provinciale comunista, a proporla per la lista alla Camera.

La prima volta cha parlò in pubblico fu alla sezione S. Marco in uno stanzone recuperato da un immobile diroccato alla presenza di numerose donne. Lesse in pochi minuti un intervento preparato a casa quindi tacque in attesa delle domande, ma si accorse che le donne aspettavano che continuasse. Che continuasse a parlare degli argomenti più sentiti dalla povera gente come la casa, i generi alimentari razionati, il lavoro che mancava. Se ne rese conto e proseguì con quegli argomenti assillanti e così fece anche in seguito in tutti i suoi interventi.

Fu eletta nel primo Parlamento della Repubblica che iniziò i lavori l’ 8 maggio del ’48 e risultò una delle donne più votate d’Italia. Aveva 28 anni, giovanissima, bella e dotata di classe. Fu definita subito Miss Parlamento dai giornalisti di Montecitorio e il settimanale “Tempo” scrisse che somigliava a una nota attrice americana che andava per la maggiore: Joan Crawford (1907-1977), la quale rivaleggiava addirittura con Greta Garbo, la Divina.

La prima esperienza alla sezione S. Marco, come già detto, la indusse a trattare reali problemi nei suo comizi, a essere immediata.Il suo modo di parlare era diretto, piacevole, a chi l’ascoltava dava la certezza di credere in quel che diceva. “Che scilinguagnolo!” dicevano a Livorno. Molti interventi erano a braccio. Tanto a braccio che cadde in un incidente di percorso che vado a raccontare. Il 13 giugno ‘48 si trovava a Ortona a Mare, provincia di Chieti, per un comizio e pronunciò un’espressione contro il papa Pio XII. L’accusa era di aver detto che “le mani del papa grondavano sangue”. Fu de-

nunciata all’autorità giudiziaria per offese a Capo di Stato straniero e la Camera dette l’autorizzazione a procedere. Così nel marzo 1951 dovette comparire davanti al Tribunale di Chieti riportando una condanna a 8 mesi con la condizionale.

Va ricordato che erano tempi durissimi. Era da poco finita la guerra, i comunisti erano stati espulsi dal governo perché il piano Marshall questo prevedeva, poi di lì a pochi mesi, il 14 luglio ’48, l’estremista di destra Antonio Pallante sparò tre colpi di pistola a Togliatti, segretario del PCI, mentre usciva da Montecitorio, ferendolo gravemente. Il paese andò sull’orlo della guerra civile. Solo l’intervento in radio di Togliatti, dopo l’intervento chirurgico, in cui invitò a deporre le armi, fece tornare la calma2.

Molti anni dopo Laura, a proposito della sua condanna, disse: “In realtà avevo pronunciato una frase diversa… La vicenda sollevò polemiche feroci, i giornali scrissero che ero una ragazza terribile, che avevo superato ogni limite di decenza. Ricevetti una montagna di lettere con i soliti insulti. Mi spiace di averle distrutte: potevano servire a ricostruire il costume di un’epoca”.

Stabilitasi a Roma, fu deputata del PCI nella I, II, III e IV legislatura, cioè fino al 4 giugno 1968 e contrasse matrimonio con Sergio Scarpa, illustre figura della Resistenza. Tiziana Noce nel libro “La città degli uomini: donne e pratica della politica a Livorno” scrisse: “Era una delle oratrici più seguite e una delle poche donne che non ha mai avuto complessi di inferiorità verso i suoi colleghi”.

Nessun complesso di inferiorità in un mondo da sempre maschilista. Il maschilismo, malgrado i proclami di emancipazione, imperava alla grande anche nel PCI e Laura, insieme a Nilde Iotti e altre donne, lo combatté tenacemente all’interno del partito e al di fuori.

Laura presiedeva anche l’U.D.I., Unione Donne Italiane (ne facevano parte anche Valchiria Gattavecchi e Lidia Rosellini), e in quegli incontri stimolava le donne del Gigante, Borgo, Venezia, Shangay a essere protagoniste della loro vita.

Dopo la conquista del diritto al voto politico, le donne dovevano lottare per il riconoscimento del diritto a una pari retribuzione con gli uomini per lavori uguali e per la accettazione della funzione sociale della maternità. Tra i vari incarichi parlamentari fece parte della commissione diritto-affari giudiziari, commissione lavoro-emigrazione-previdenza e assistenza sociale, commissione industria-commercio-artigianato, commissione affari esteri.

Dopo l’esperienza parlamentare durata ben quattro legislature, di lei diventano scarse le notizie. Si eclissò la sua attività pubblica e con il passare del tempo venne a Livorno sempre più raramente. Il deputato concittadino Marco Susini disse che Laura aveva seguito con un forte travaglio il percorso che aveva portato i Democratici di Sinistra, il partito cui Laura apparteneva, a confluire nel P.D. è proprio il Susini a dire di non credere che Laura aderì formalmente al partito, anche se di certo non si sentiva una estranea.

Nel citato libro della Noce appare quello che Laura Diaz disse sul fallimento del comunismo: “Io era entusiasta degli ideali del comunismo e devo dire subito che non sono affatto una pentita; ciò nonostante sappia, riconosca e mi addolori molto che il comunismo sia fallito, che siano stati compiuti crimini e cose terribili… deviazioni tremende di un’idea che invece aveva dei fondamenti giusti e bellissimi… sono anche convinta che nella storia del mondo quest’idea ritornerà, corretta e senza più crimini e le colpe che sono stati commessi nel suo nome”.

Nel 2001 il “Comitato Coppa Barontini” la invitò in

città in occasione della gara remiera serale. Fu molto sorpresa dell’invito e commossa, ma non potè venire perché non volle lasciare il marito Sergio Scarpa, gravemente ammalato. La cosa si ripetè l’anno successivo, ma nel 2003 Laura raggiunse Livorno per fare la madrina alla 36esima “Coppa Barontini” che prevedeva manifestazioni di carattere sportivo come la gara remiera a cronometro nei fossi ma anche spettacoli vari in strada, e con tutta probabilità fu l’ultima volta che venne in città. L’emozione dei livornesi che l’avevano conosciuta fu tale che molti piansero calde e sincere lacrime, tra lo stupore dei giovani degli anni ’60 ’70 che nemmeno la conoscevano.

Otello Chelli, di questo ritorno alle origini, scrisse su Il Tirreno: “Laura Diaz, accompagnata dal nipote Ruggero Papino e stretta d’affetto da vecchi compagni come Garibaldo Benifei e la moglie Osmana, aveva gli occhi pieni di lacrime, quelle dolci dei ricordi che rivivono in una serata davvero speciale”.

L’eccitazione era ai massimi livelli tanto che gli organizzatori, tra spettacoli d’arte varia, gastronomia tipica, sfilate in strada, ripetuti sinceri abbracci e “ti ricordi quella volta che…”, dimenticarono di consegnarle una targa ricordo per lei preparata, come testimoniò Mauro Nocchi. Solo più tardi le fu inviata a Roma per posta. Ed ecco come rispose.

“Cari amici e compagni, per lettera mi è davvero difficile esprimere cosa ho provato ricevendo la targa che mi avete mandato. Dire “gratitudine, contentezza, soddisfazione” è tutto infinitamente poco. La verità è che mi sono commossa nel più profondo del cuore. Questo era già avvenuto quella sera a Livorno, quella Livorno che credevo mi avesse completamente dimenticata e di cui invece ho sentito di essere ancora una parte viva. Grazie, grazie ancora compagni e amici di questo dono che, tra l’altro, è bellissimo e che ho messo in modo da averlo facilmente sotto gli occhi. Spero davvero che ci incontreremo presto. Un abbraccio a tutti”.

Su La Repubblica del 2 agosto 2007 apparve il seguente annuncio: “La moglie Laura Diaz Scarpa con i figli e i nipoti annunciano con il più profondo dolore la morte di SERGIO SCARPA già membro del CNL del Piemonte, Deputato all’Assemblea Costituente, Cavaliere di Gran Croce”.

La morte colse poco dopo anche lei, a Courmayeur, il 4 agosto 2008. Aveva 88 anni. Fra le tante lettere di cordoglio pure quella del Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano: “…figura di moderna donna politica, mai chiusa ad alcun settarismo e sempre aperta al nuovo”.

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