Virdimura, di Simona Lo Iacono, Guanda 2024, recensione di Daniela Domenici

È tornata a “trovarmi” Simona Lo Iacono, giudice e scrittrice siciliana, della quale ho già recensito due opere
https://danielaedintorni.com/?s=simona+lo+iacono
ed è stata pura, struggente, ineffabile, ininterrotta commozione per questa sua nuova opera le cui 219 pagine sono volate in un soffio perché ha saputo dare a vita a Virdimura, una donna, vissuta nel 14esimo secolo a Catania, che è stata la prima “duttura”, la prima medica certificata della storia.
I primi complimenti vanno allo straordinario stile narrativo perché Lo Iacono ha intinto la sua penna nella lingua dell’epoca e ha reso la sua storia densa di neologismi, di arcaismi, di una particolare musicalità che colora di magia i dialoghi e le descrizioni: standing ovation!
Complimenti meritatissimi per la splendida caratterizzazione di Urìa, medico e padre di Virdimura, di Josef, anche lui medico e amico di Urìa, e di suo figlio Pasquale; perfetta la contestualizzazione storica con i dotti e puntuali riferimenti alla religione ebraica e alle sue usanze, con inserimenti di frasi con le relative traduzioni, e alle epidemie dell’epoca: bravissima!
Concludo con alcune parole tratte dall’opera che ritengo dovrebbero far parte del “bagaglio umano” di qualunque uomo o donna eserciti la professione medica “Josef istruì Urìa su tutto ciò che gli sembrava essenziale. Poche regole. Curare. Perdonare. Ringraziare” e poco più oltre “(Urìa) aveva letto tutto ciò che era riuscito a trovare, aveva digiunato, pregato, curato. I malati erano in ogni città, tutti uguali, cittadini del medesimo regno. Qualunque lingua parlassero chiedevano pietà, qualunque religione abbracciassero volevano essere guariti”: Simona, grazie per averci regalato Virdimura!