accadde…oggi: nel 1927 nasce Graziella Magherini

In ricordo di Graziella Magherini

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Nata a Firenze nel 1927 e deceduta il 10. 12. 2023, a 24 anni si laureò in Medicina e successivamente si specializzò in Psichiatria. A 33 anni ottenne la libera docenza. Nel 1951 fu assunta presso l’ospedale psichiatrico di San Salvi e nel 1959 divenne primaria nello stesso ospedale. In seguito, divenne psicoanalista SPI e membro del CPF che ospitò per qualche anno presso la sede della U.O di Psichiatria da lei diretta. In seguito dalla SPI si trasferì all’Associazione Italiana di Psicoanalisi. Negli anni di lavoro in ospedale psichiatrico, sviluppò ed organizzò un modello di psichiatria psicodinamica, fra i primi, istituì con Franco Mori e con Gianfranco Zeloni uno spazio in ospedale psichiatrico dedicato alla cura e alla riabilitazione dei pazienti gravi attraverso l’espressione artistica. A tutti è nota la storia, sempre viva, della Tinaia. Molti pazienti trovarono un modo per esprimere vissuti, paure e magiche illusioni. Un’esperienza simile a quella di Gaetano Benedetti nel nosocomio svizzero. Quella fu la base sulla quale costruire nuovi progetti di cura mirati a esaltare le capacità espressive ed a svelare ambiti celati ed inespressi, favorendo l’autostima e un sostegno al Se’ fragile. Le opere artistiche costituirono un vero patrimonio grazie anche alla scoperta di autentici artisti fra i pazienti. Negli anni la Tinaia ha conquistato una vera e propria autonomia. Con Gianfranco Zeloni scrisse di questa esperienza: “Sul confinescritti e dipinti da un ospedale psichiatrico”. Con Pierandrea Lussana e Luciano Berti scrisse: “Apoteosi contemporanea e odierna”.

Il suo interesse per l’Arte ebbe negli anni uno sviluppo e questa passione la portò ad essere cofondatrice della International Association for Art and Psychology, della quale fu a lungo presidente. Fu autrice di molte pubblicazioni in merito. La Sindrome di Stendhal ebbe la prima edizione nel1989.

L’avvento della legge 180 colse la sanità della Regione Toscana non del tutto impreparata. Da anni, infatti, era stato avviato un processo che favoriva una risposta nuova al disagio psichico. Pur persistendo gli Ospedali Psichiatrici, erano stati istituiti nel territorio con criterio distrettuale i Centri i per la salute mentale distribuiti per zone con equipe multiprofessionali. Tutto in funzione della prevenzione rivolta sia ai prodromi della patologia, che al contenimento delle ricadute. Il servizio territoriale da lei diretto era già dislocato in varie sedi del Centro Storico di Firenze, appartamenti autogestiti per dimessi dall’O.P., un centro diurno, un ambulatorio psichiatrico a Santa Maria Nuova, una sede della UO di Psichiatria, quando nel 1977, in seguito all’intervento di una commissione ministeriale presieduta da Franco Basaglia, le fu affidata la direzione del reparto psichiatrico nell’ospedale di Santa Maria Nuova. “I matti nel comune ospedale!

Un’ esperienza simile era già stata realizzata a Figline Valdarno dall’equipe diretta dal prof. A. Ballerini. Quell’anno la conobbi, da giovane medico incaricata. Il periodo dal maggio 1977 al maggio 1978 fu un’occasione per preparare l’equipe e non solo, al cambiamento epocale per il passaggio alla legge 180 nel maggio 1978. Il reparto divenne il primo SPDC della provincia di Firenze. Contemporaneamente il reparto psichiatrico della clinica universitaria, diretta da Adolfo Pazzagli, accolse anche i pazienti del territorio e collaborammo anche con il prof. Ferrara affinando insieme le nuove modalità di cura. Si attivarono le risorse territoriali per ciascun paziente, proveniente da Firenze e Provincia. Si ridussero a meno di un terzo, rispetto al passato, i ricoveri in Ospedale Psichiatrico, per coloro che avevano avuto già ricoveri nella sede manicomiale. I trattamenti sanitari obbligatori in SPDC nei primi sei mesi dal varo della legge 180 furono solo 30.  Graziella Magherini fu primaria in un’epoca in cui la prerogativa era degli uomini. Ma osservavo giorno per giorno, anno per anno quel suo modo di esercitare la leadership. Non era necessario per lei, inseguire il modello maschile ed esercitò il suo potere in coerenza con il suo agire clinico e con il suo essere donna. Se possiamo parlare di democrazia, la leadership era democratica, se democrazia vuol dire ascolto, diceva: “voglio ascoltarvi tutti, poi lo so che devo decidere io”. Se leadership vuol dire trasmettere cultura, furono infinite le occasioni formative offerte da lei direttamente insieme a Adolfo Pazzagli, con i gruppi operativi alla Pynchon Riviere e J.Bleger, che introdusse a Firenze e in Toscana con la collaborazione di Armando J. Bauleo, della moglie Marta De Biase e della collega argentina Cristina Canzio. Questo percorso era stato preceduto da una formazione rivolta a tutti gli operatori con il codice GAB (genitore, adulto, bambino, utilizzando le dispense di Franco Fornari che a sua volta si era ispirato ai semplici modelli psico-comunicativi dell’analisi transazionale. (Thomas Harris, “Io sono ok, tu sei ok”; Eric Berne, “A che gioco giochiamo”, “Ciao… E poi?). Gianfranco Zeloni condusse con lei questo progetto. Per la nostra formazione, Graziella Magherini collaborò anche con il Cemea: Oscar Gitz, che lei conobbe nei primi anni 60, ispirandosi allo psicodramma di Moreno, proponeva tecniche di comunicazione non verbale, un approccio possibile al mondo delle emozioni. Tutti gli operatori di ogni ordine e grado potevano accedere a queste forme di aggiornamento. Era maestra senza salire in “cattedra”; eppure, era docente alla scuola di specializzazione in Psichiatria a Firenze. La formazione avveniva anche sul campo, parlando di un caso lì per lì e comunque, nella quotidianità ospedaliera o ambulatoriale. Non si prendevano appunti, ma quelle osservazioni sedimentavano e rimanevano scolpite, costituendo un tesoretto che ancora da’ i suoi frutti. Anche di recente mi faceva piacere ripetere, a lei sorridente, il nostro “aneddotico repertorio”. Ebbe una stretta collaborazione professionale sulle nuove condizioni di cura con i colleghi, responsabili di altre UO di Psichiatria: G.F. Zeloni, A. Ballerini e della Clinica Psichiatrica A. Pazzagli. Offrì anche a professionisti di altre equipe o associazioni, l’opportunità di frequentare con noi i gruppi psicodinamici e di intervisione. Quella apparente intrusione, si rivelò una grande risorsa. Dato che non ci siamo fatti mancare nulla, in occasione di un tirocinio post-laurea, il nostro servizio ha ospitato Carla Voltolina Pertini, mentre era la prima donna di Italia in quanto moglie del Presidente della Repubblica in carica, Sandro Pertini.  Graziella Magherini aveva chiaro che il nostro sapere doveva essere speso anche al servizio dell’ospedale nelle sue articolazioni. Infatti, si occupò con alcuni sanitari, medici e infermieri di Santa Maria Nuova, del complesso rapporto con i pazienti oncologici e costituì un gruppo misto con sanitari delle due Unità Operative interessate. Lavorarono per anni fino produrre un modello da condividere. Realizzò negli ultimi anni del suo mandato, la tanto attesa comunità terapeutica ad impronta psicodinamica per giovani pazienti psichiatrici.

La sua leadership era centrata sulla cura dei pazienti estesa agli operatori, curare chi cura. Solo curando chi cura, si può veramente curare. Fu una donna giusta al momento giusto, non disdegnò di svolgere un ruolo materno, discreto, verso tutti, pazienti ed operatori, un insieme inscindibile. La sua lotta al pregiudizio sulla malattia mentale fu totale e precedente rispetto alla a legge 180 alla quale il gruppo, si era in un certo senso preparato. Apriva le porte e credeva fermamente ai nuovi modelli di cura, fondati sulla relazione terapeutica, nel senso di riconoscerla nei suoi svariati aspetti, anche i più reconditi estendendo a tutti gli operatori coinvolti, la possibilità di formarsi su questo ambito specifico. Ma tenne a bada i nostri ardori. Sviluppammo insieme un senso critico, il legittimo cambiamento della prassi era insufficiente per portare, nell’immediato, a curati e curanti una sostanziale trasformazione. Transitammo in una fase di duplice lutto rispetto al vecchio ma anche rispetto al nuovo ancora incerto e imberbe.

Per tutto ciò e per esserle stata accanto, le sarò eternamente grata.