Nyumbani, di Elisabetta Semino, recensione di Daniela Domenici

Sono appena riemersa dalla lettura di questo libro di Elisabetta Semino che mi ha coinvolto e spesso commosso perché è la sua autobiografia raccontata senza veli, con disarmante sincerità; nonostante la giovane età Semino ha vissuto, sulla sua pelle, cosa sia un disturbo alimentare, come ci si conviva e ci descrive come ne sia uscita grazie all’Africa.

Come madre e come docente mi sono sentita particolarmente chiamata in causa perché spesso non ci rendiamo conto, nonostante l’attenzione e l’amore che diamo loro, come fa la splendida famiglia di Elisabetta, padre, madre, fratello e sorella, dei segnali d’allarme che ci vengono lanciati per scarsa o inesistente autostima, per colpa delle relazioni spesso tossiche in cui si impelagano le/i nostre/i figlie/i e alunne/i.

Elisabetta decide di andare a fare la volontaria in alcuni luoghi della Tanzania e in Costa d’Avorio e lì, finalmente, ritroverà se stessa come dice lei stessa “ho vissuto passivamente per anni, lasciavo che gli altri fossero i padroni delle mie giornate. So che i miei disturbi alimentari hanno altre radici, che non è stata colpa di nessun fidanzato. Loro hanno la colpa di aver aumentato le mie insicurezza…mi importa non essere più tormentata da voci nella mia testa che mi ripetono che non valgo abbastanza da permettermi di mangiare quando ho fame…mi importa essere aperta a ogni esperienza che mi insegni cosa è la vita e non concentrarmi solo su ciò che mi è stato regalato vivando in una bella famiglia e in un bel posto del mondo come ho imparato in Mozambico, Malawi, Albania, Tanzania e Costa d’Avorio. MI IMPORTA VIVERE SENTENDOMI VIVA…l’anoressia per anni mi ha fatto sentire sola, prosciugata e senza vita; l’Africa la vita a me l’ha ridata”: grazie Elisabetta per questa tua testimonianza! Sarebbe bello poterti “portare” nella mia scuola, vediamo se ci riesco.