Maria Signorelli, scenografa, di Barbara Belotti

Lo spazio teatrale le fu familiare fin da piccola. Maria Signorelli aveva pochi anni quando assistette allo spettacolo del ballerino Vaslav Nijinski in tournée a Roma insieme al resto della compagnia dei Balletti Russi di Sergej Djagilev. Al termine dell’esibizione Nijinski si inchinò al pubblico e la piccola, evidentemente colpita dall’atmosfera magica della serata, con brevi tratti lo immortalò tra due tendaggi rossi. Non a caso in famiglia la chiamavano affettuosamente “il pittorino”. Maria era nata a Roma il 17 novembre 1908 da Angelo, medico radiologo, tisiologo nonché cultore d’arte e fine collezionista di opere di tutti i tempi, e Olga Resnevič, anch’ella medica — una delle prime in Italia —, appassionata di ogni forma di cultura, traduttrice, filantropa e biografa di Eleonora Duse. Olga, che nella successiva tournée dei Balletti Russi tra il 1916 e il 1917 divenne medica della compagnia di Djagilev, strinse una sincera amicizia con gli scenografi Michail Larionov e Natalia Goncharova presto habitué della sua famiglia. Come ha ricordato la stessa Maria, nonostante la giovane età riuscì a seguire da vicino la realizzazione delle scenografie che i due artisti stavano realizzando per Djagilev e il ricordo rimase indelebile nella sua mente: «Ciò che più mi colpì oltre al fatto che, dipingendo, camminavano sui coloratissimi tappeti delle loro scenografie, furono gli enormi pennelli che a me piccina sembravano scope». Goncharova e Larionov donarono alla piccola e curiosa Maria alcuni barattoli di colore, gli stessi che usavano per lavorare, in modo che si cimentasse con materiali migliori rispetto a quelli per l’infanzia. Un dono prezioso che la ragazzina conservò gelosamente per anni.

La sua immaginazione era straordinaria: amava accompagnare con immagini disegnate i racconti e le composizioni in versi che scriveva, costruiva e decorava personaggi di carta cercando anche di renderli mobili, utilizzava quello che trovava in casa per dare corpo a piccoli pupazzi con cui intratteneva, come in un vero teatro, le sorelle più piccole e le compagne di gioco. Il suo era un destino segnato. Infatti, terminati gli studi, decise di iscriversi all’Accademia di Belle Arti, assecondata nelle sue scelte da entrambi i genitori che approvarono anche l’opportunità di seguire il corso di scenografia del Teatro Reale dell’Opera di Roma tenuto dallo scenografo russo Nicola Alexandrovich Benois e dall’italiano Camillo Parravicini, durante il quale si cimentò pure nella realizzazione dei costumi di scena. Mentre studiava, Maria ebbe modo di frequentare il Teatro degli Indipendenti, punto di riferimento delle avanguardie artistiche italiane fondato e diretto da Anton Giulio e Carlo Ludovico Bragaglia, il cui medico era il padre di Maria, Angelo Signorelli. Gli studi all’Accademia di Belle Arti e il perfezionamento al Teatro Reale dell’Opera cominciarono a rendere solida la preparazione della giovane che, già nel 1928, divenne assistente alla scenografia nel teatro di Bragaglia in via degli Avignonesi, negli ambienti di quelle che erano state le terme romane di Settimio Severo; l’anno seguente creò il suo primo lavoro per la messa in scena dello spettacolo di Francis Edward Faragoh dal titolo Ingranaggi.

Per Maria Signorelli il teatro era una dimensione totale e, oltre all’impegno di scenografa e costumista, coltivò un’altra passione, quella di costruire i fantocci, un mix tra l’interesse per il corpo umano e le novità delle avanguardie artistiche. Anche i fantocci avevano un legame con l’infanzia quando, con pochi mezzi e molta fantasia e inventiva, Maria costruiva e decorava bambolette apprezzate pure da Sergej Djagilev.

I fantocci piacquero tanto ad Anton Giulio Bragaglia che, nel ’29, le mise a disposizione gli ambienti della sua Casa d’arte per allestire la sua prima personale dal titolo Figurini plastici. Il successo della mostra romana aprì a Maria le porte di Parigi dove i suoi ingegnosi personaggi di stoffa, nastri, fili e altro materiale occasionale furono esposti nella galleria Zak e presentati da Giorgio De Chirico.
Dopo la parentesi parigina, visse per un paio d’anni un’importante esperienza di formazione artistica e culturale a Berlino frequentando la scuola-teatro del regista Max Reinhardt, tra i principali innovatori del teatro e della drammaturgia tedesca che seppe aprire anche verso nuove dimensioni scenografiche. Rientrata in Italia, nel 1934 Maria partecipò con Carlo Rende alla realizzazione del Pluriscenio M, un progetto di palcoscenico in grado di presentare contemporaneamente sette ambienti, che aveva l’ardito compito di proporre in teatro la dinamicità del cinema e che ottenne lusinghieri apprezzamenti da parte di Marinetti e di Bragaglia. Negli anni a seguire nella Capitale fu impegnata in allestimenti per il Teatro dell’Università, per il Teatro delle Arti e per il Teatro dell’Opera di Roma, spostandosi in altri teatri italiani, dalla Scala di Milano al Teatro Regio di Torino, a quello sperimentale del Guf (Gruppo Universitario Fascista) di Messina.

Durante gli anni del Secondo conflitto mondiale decise di riunire le sue molteplici esperienze e competenze teatrali organizzando allestimenti di spettacoli di burattini, in un primo momento tenuti in casa e con i pochi mezzi che il clima di guerra metteva a disposizione. Ma la maestria e l’ingegnosità di Maria Signorelli, la sua fantasia e il desiderio di offrire un po’ di gioia e serenità alle sue figlie Giuseppina e Maria Letizia e alle/ai loro amichetti fecero veri miracoli che, nel dopoguerra, si concretizzarono nell’Opera dei Burattini, divenuta in breve tempo celebre in tutto il mondo. Non si trattava di un’esperienza avulsa da quanto fatto fino ad allora per il teatro, le rappresentazioni per piccole spettatrici e piccoli spettatori non erano forme di drammaturgia “minore”. Ogni spettacolo era pensato e realizzato come fosse un vero allestimento teatrale “d’attore”, con registe/i, coreografe/i, scenografe/i, musiciste/i. Lavorarono per lei e per la sua Opera dei Burattini personalità prestigiose come Prampolini o Toti Scialoja per i fondalini delle scene, Lina Wertmüller in alcuni spettacoli dei primi anni Cinquanta, Roman Vlad per la composizione delle musiche.

Nella sua lunga carriera Maria Signorelli diede vita a cinquanta spettacoli di danza per burattini, facendosi aiutare da ballerini e coreografi professionisti, utilizzando musiche colte, concentrando le sue ricerche sul rapporto tra colori e ritmo, includendo nel suo pubblico anche le persone adulte e non solo il mondo dell’infanzia. Trentuno gli spettacoli con testi classici e moderni, dalla trasposizione di Re cervo di Gozzi al poema di Cesare Pascarella La scoperta dell’America, da Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni all’opera La Tempesta di Shakespeare, all’Antigone di Brecht, a Furori e poesia della Rivoluzione francese di Ceronetti.

Per l’infanzia creò e realizzò settantotto spettacoli basati sulle favole, da quelle popolari a quelle d’invenzione, protagonisti sempre i burattini mossi dalla mano umana.
Morì a Roma il 9 luglio 1992.