John Malkovich alla Pergola per “The Tuscan Sun Festival”

“Basta la parola” diceva una celebre pubblicità di Carosello: ecco, mi risuonava nella mente questa frase ieri sera alla Pergola sia mentre mi trovavo al bar del teatro che all’interno del teatro che, poi, fuori durante l’intervallo.

Basta dire “John Malkovich” come se fosse una parola magica: come il pifferaio della celebre fiaba fa convergere verso di sé una folla impressionante di spettatori che nonostante il prezzo, secondo il mio personalissimo parere, assolutamente esorbitante del biglietto, hanno riempito quasi ogni posto del teatro della Pergola sfoggiando, come da tempo non mi accadeva di osservare, “mise” elegantissime, uno spettacolo nello spettacolo.

Dopo aver letto la scaletta della serata, averne visto la prima parte  e aver ascoltato i commenti e le reazioni fuori dal teatro nell’intervallo, posso con sicurezza affermare, senza tema di smentita, che Malkovich è un ottimo imprenditore non solo in senso stretto per i suoi rapporti con il tessuto economico di Prato, riferiscono le cronache, ma soprattutto …di se stesso, sa vendere il suo prodotto, qualunque esso sia e, nello specifico, i tre brani in “beat generation style” in programma ieri sera: i miei complimenti all’imbonitore Malkovich, all’attore non ho bisogno di rivolgerli, ha un curriculum che parla da solo.

Accompagnato da una piccola orchestra, i Technobohemians, il cui nome immagino voglia essere un ossimoro che lega la modernità con la tradizione artistica, John Malkovich ha interpretato tre brani; il primo di Allen Ginsberg, “Wichita Vortex Sutra”, che il musicista Philip Glass ha “rivestito di suoni” (brochure di sala) nel 1988, interpretati ieri sera dalla pianista Ksenia Kogan. Le due composizioni seguenti sono di Alberto Iglesias, autore spagnolo di colonne sonore cinematografiche, che le ha create nel 2001 e nel 2005 e s’intitolano “A registered patent” e “Factory of Silence”: non mi sento in grado di recensire i tre brani in programma nonostante la mia laurea in lingua e letteratura inglese e, per di più, nonostante i due esami di letteratura anglo americana che ho superato.

Come vi ho detto nell’incipit c’erano molti vip nel pubblico ieri sera e alcuni di loro, per correttezza non ne cito i nomi, che dopo la prima parte si sono brillantemente eclissati davanti ai miei occhi con commenti non esattamente positivi per andare a cenare senza rientrare, quindi, in teatro per la seconda parte: non so se fosse invidia per il collega che era riuscito, impresa ammirevole in questi ultimi tempi, a riempire il teatro o la non comprensione della lingua inglese o dei brani in scaletta.