“Sofia”, racconto di Loredana De Vita tratto dal suo libro “…Giochiamo che ero”
Ho incontrato Sofia ad una festa in casa di amici. Uno di quegli incontri in cui non si sa mai bene cosa aspettarsi e che spesso si risolvono in una serata cordiale senza seguito alcuno.
Quella sera il mio stato d’animo era piuttosto confuso: il giorno successivo sarei partita per il mio nuovo lavoro…sarei andata all’estero forse per sempre. La giornata era scivolata via tra gli ultimi preparativi e i saluti ad alcuni parenti ed ora, quella festa, come tante altre, un ingenuo tentativo di fingere che tutto era normale e che nulla sarebbe cambiato. L’ignoto, però, fa paura a tutti, ed io lo temevo molto.
La musica, le risate e tutto quel vocio mi stordivano e non riuscivo a fare “festa”; poi arrivò lei, Sofia.
Non la conoscevo, ma di lei non mi colpì l’aspetto…neanche ricordo il suo volto o come fosse vestita. Mi incantò, invece, una frase che pronunciava con ridente ironia ogni volta che il nostro ospite la presentava ad uno degli invitati.
– Sofia, sì, ma so di non sapere.
Mi accorgevo dagli sguardi che riceveva in risposta che gli altri la reputavano al minimo “strana” e non ci fu nessuno che le si fermasse accanto per chiacchierare. Non sembrava darsene pensiero.
Quando si avvicinò a me anche il nostro ospite l’aveva abbandonata, forse imbarazzato dalla difficoltà di inserire Sofia che, da sola, cercò di farsi presente.
– Mi chiamo Sofia, ma so di non sapere.
Con meraviglia udii la mia voce rispondere:
– Io sono Barbara, ma anch’io so di non sapere.
Sofia, continuando a giocare sul significato dei nomi, giocò anche con il mio:
– Tu sei straniera, allora, ma dove? Qui, lì, ovunque?
Mi divertiva quel suo modo di giocare con i nomi; mi divertiva e spaventava insieme. Era un gioco pericoloso quello di dare un senso ad ogni cosa; un gioco che apriva una spirale senza fine di significati e riferimenti che si attorcigliavano alla ricerca di un unico senso…ma quale?
Sofia sembrò percepire il mio disappunto e, forse perché ero l’unica che non si era ancora allontanata da lei, ritenne opportuno spiegarsi.
– Ti è mai capitato di chiederti il perché del nome di un particolare oggetto? La risposta è sempre la stessa: che in origine ad ogni cosa si è voluto far corrisponder un suono dando quindi origine al linguaggio. Ma io penso che ci possa essere qualcosa di più, di molto di più…almeno per i nomi. Mi piace pensare che il nome attribuito ad una persona abbia qualcosa a che fare con la persona stessa o con quello che desidera o prova; qualcosa da cercare o da superare perché la persona possa essere un segno di per sé. Teoria, vero? Una teoria pungente e affascinante, però! Io, per esempio, sono Sofia, la sapienza e combatto contro l’orgoglio e il desiderio di porre la mia verità al di sopra degli altri, riconoscendo che la mia è solo una delle verità. Lotto per imparare a riconoscere negli altri la loro verità e la giustizia del loro credo e per essere guida per quanti stanno ancora scegliendo la propria strada.
Fu così che Sofia ed io incominciammo a parlare come se ci conoscessimo da tempo, il nostro discorrere era fresco e profondo e fu questa la nostra “festa”. Poi ad un tratto lei parlò come se stesse pensando ad alta voce attorno a questa domanda che le frullava in testa sin dal primo momento in cui le avevo detto il mio nome.
– Tu sei Barbara, la straniera. Lo sei davvero?
– Potrei esserlo da domani, se riuscirò a partire…Tutto è già pronto, il posto in aereo è prenotato…ma non so se ho voglia di partire. Significa abbandonare tutto, cominciare da capo…In realtà non è questo quello che mi spaventa, ma mi domando se ne valga la pena; se per acquisire nuove specializzazioni e accrescere la propria cultura sia necessario mettere da parte le persone che si amano. Il bisogno di soddisfazione personale, il desiderio di affermazione che vince su tutto…ma non si può vedere il proprio orizzonte limitato…mi capisci?
– Sì e no. Dipende da quello che è più importante per te: le persone, o un sapere che le esclude. Se ciò che conta per te è amare le persone dal di dentro, è questa la tua “cultura” e i tuoi studi non saranno stati sprecati poiché nella loro essenza ti avranno aiutato a comprendere meglio le persone e in esse troverai la tua realizzazione. È giusto. Ma non è sbagliato “voler sapere” se questo modo di realizzarti non si esaurisce in te appagando solo il tuo senso di te stessa. Dipende se vuoi essere radice o fiore, entrambi necessari alla pianta, le prime agendo nel profondo silenzio del “di dentro”, il secondo facendo esplodere dal “di fuori” la medesima vita cui appartengono. Una cosa non esclude l’altra: l’importante è che tu decida di essere vita.
– Essere vita, ma come fai? Se parto, sono straniero e non so da dove cominciare…se resto, corro il rischio prima o poi di domandarmi se questa è la mia casa…
– Sciocchezze! La tua casa è dentro di te, non puoi abbandonarla o traslocare se cambi ambiente. La tua casa è una casa che cresce con te, in te, ogni volta che fai un nuovo incontro…non è possibile che ad ogni cambiamento chiudi la porta ed apri una nuova bottega. La tua casa sei tu e sta a te renderla ospitale e accogliente, abbellirla e rinnovarla con colori nuovi. La tua casa sei tu e chi viene a cercarti trova te e quando sei tu a spostarti essa è in te e in te devi fare una casa per tutti.
– Sofia, ma sai di non sapere, è vero?
Fu con tagliente ironia che la parafrasai in questo modo, un po’ risentita, forse, che avesse detto lei quello che avrei voluto essere capace di gridare io.
– E non so, infatti! Semplicemente vivo e offro quello in cui credo. È giusto, sbagliato…chissà? Questa è la mia casa e così posso ospitarti. Non so se è sufficiente, se ti troverai bene, ma è quello che ho e che posso offrirti. Questa è l’unica cosa che so: so di non dormire dentro, ma di vegliare affinché quello che ho possa essere sempre la mia casa per gli altri…in silenzio o ad alta voce, offrire…offrire sempre.
– Già, fare del dono di sé una casa per tutti, ovunque e sempre per non essere e non far mai sentire stranieri.
Dopo quella festa non ho più incontrato Sofia, ma la sento ogni momento qui, dentro di me. Non ha importanza, poi, se sono partita o meno per andare all’estero, perché non esiste “l’estero” quando il tuo viaggio ti porta al cuore dell’uomo.
E questo viaggio io l’ho fatto.
