“La gattara” di Adele Libero

 la gattara

 

Ma si poteva pensare ad Adalgisa, dolce vecchietta, classe 1928, capelli un po’ azzurrini, come la fatina di Pinocchio, come ad una gattara ? Ben vero era lei che ogni mattina, con qualsiasi tempo, scendeva nel cortile del condominio e lasciava in un piattino di plastica gli avanzi per i “suoi” micetti. Ma quel gesto lei lo faceva con amore sincero e disinteressato, per cui l’appellativo di gattara era un po’ stretto.

 

Del resto quelli che portava non erano avanzi, perché lei raddoppiava la dose di cibo che cucinava a sera per sé   – era vedova da molti anni, purtroppo  –  proprio per poter curare il mattino seguente l’alimentazione dei felini.

 

Anche quel mattino primaverile, così, indossata una leggera gonna ed un pulloverino in finto cachemire tutto fiorato, ravviati i capelli azzurrini e chiusili in una crocchia graziosa, si munì del solito pacchetto di cibo e prese l’ascensore. Giunse al solito punto del cortile, dove in genere i gatti attendevano, in corona, con pazienza,  l’arrivo del cibo, ma non c’erano. Guardò a destra ed a sinistra, lungo il vialetto che portava all’ingresso del piccolo parco. Niente. Al termine della ricognizione notò un  cancelletto, che in genere era ben chiuso,  che quel mattino era leggermente aperto ed, anzi, pareva la chiamasse. Decise di ispezionare anche quella parte del cortile, dove solo il portiere accedeva raramente per le pulizie.

 

Fatti pochi passi vide in terra qualcosa di dorato e  – soprattutto –  i suoi adorati mici che pareva la stessero aspettando. Uno dei più intraprendenti, infatti,  le si avvicinò e si strofinò generosamente alle sue caviglie e poi la guidò ad un mucchietto di arance dorate, leggermente inumidite dalla brina notturna e quindi luccicanti come oro. Le avevano raccolte proprio i gatti, pensò Adalgisa ed ebbe un moto di commozione.  Che meraviglioso regalo! A sua volta mise in terra il piatto col cibo, che subito ricevette le abituali attenzioni.

 

Lei si sedette al tiepido sole e quasi senza accorgersene cadde in uno stato di dormiveglia. Le passarono per gli occhi le immagini del suo matrimonio;  il suo amatissimo Giovanni,  così pieno di entusiasmo; i loro viaggi per il mondo e le loro peregrinazioni tra vari specialisti per avere quel figlio mai arrivato; la malattia di Giovanni, severa e rapida, che l’aveva rapito tredici anni prima; l’ultimo sorriso di lui, ansioso di non darle pena.

 

I gatti le stavano intorno, accucciandosi sul suo corpo e tenendola ben calda. La sera giunse e nessuno si era ancora mosso. Solo il mattino seguente l’Anna del terzo piano vide dalla finestra un insolito mucchietto nel lato non frequentato del cortile. Il portiere, con l’unica chiave,  aprì la porta di accesso del passaggio e scoprì la dolce Adalgisa, distesa  con un sorriso nell’ultimo sonno.

 

Come fosse riuscita ad entrare lì  restò un mistero che per anni fu oggetto di periodiche congetture dei condomini.