Mappare il mondo nascosto delle donne cartografe, da me tradotto e rielaborato
Di Cathy Newman
Spesso il mondo delle cartografe sembra essere nascosto, qualcosa di simile al cosiddetto lato oscuro della luna, dice Will C. Van Den Hoonaard nel suo “Map Worlds, a History of Women in Cartography”, pubblicato dalla Wilfrid Laurier University Press.
Risulta che una donna, la cartografa di origine russa Kira Shingareva, sia stata una delle prime “mapmakers”, creatrici di mappe, a disegnare il lato oscuro della luna nel 1965.
Abbiamo chiesto a Van Den Hoonaard, professore emerito di sociologia all’università di New Brunswick, di dirci qualcosa in più su quella che lui chiama “cartografia dai margini”.
- Cosa ha provocato il suo interesse sull’argomento delle donne cartografe?
- Ho iniziato come editore cartografico, a un certo punto mi trovai a lavorare in una commissione e notai quanto fosse felice una collega. Le chiesi il perché e lei mi disse che era appena stata nominata presidente della International Cartographic Association’s Commission on Gender and Cartography. Questo mi ha fatto iniziare a pensare…
- Quando sono apparse le prime donne nel mondo del mapmaking?
- Probabilmente le prime mappe fatte da una donna provennero da conventi come la mappa del mondo di Ende, una suora spagnola del 10° secolo.
- E poi?
- Le donne vennero alla ribalta nell’età d’oro della cartografia nelle “low countries” alla fine del 16° e all’inizio del 17° secolo. Era l’era dei “family-run map-making ateliers”, laboratori di cartografia a gestione familiare. Le donne erano incisore, pittrici e incollavano i fogli di una mappa in un libro. Arriviamo velocemente all’inizio del 19° secolo a uno dei più notevoli e pregnanti esempi di donna mapmaker, Shanawdithit, l’ultima rimasta di una tribù indigena nel Newfoundland nota come Beothuk. Shanawdithit, l’ultima sopravvissuta dei Beothuk, “mapped”, disegnò la storia del suo popolo bel Nwfoundland. La sua famiglia e la tribù furono di proposito sradicati dai colonizzatori in modo tragico e stomachevole. Intorno al 1823 lei fu presa da un capitano che le insegnò a disegnare e a creare mappe. Sebbene al tempo della persecuzione della sua gente avesse solo 10 o 11 anni riuscì a ricordare gli eventi e a disegnarli in una serie di mappe che mostrano i movimenti della sua gente e le azioni orrende dei colonizzatori inglesi. È una mappa della memoria e del dolore.
http://www.mun.ca/rels/native/beothuk/beo2gifs/texts/shana2.html
- Lei scrive che il 19° secolo ha visto anche la nascita delle mappe che istigavano al cambiamento sociale
- Nel 1895 Florence Kelley, un’attivista sociale di Chicago, creò una serie di mappe che tracciavano l’intreccio tra immigrazione e povertà, disegnò la condizione degli slums. Questo portò a conoscenza dei politici l’urgenza della situazione e li spronò a fare cambiamenti.
- Mi ha molto interessata anche la storia di Phyllis Persall, la creatrice della “London A-Z maps”, un atlante completo delle strade e dei punti di riferimento della città.
- Phyllis stava andando a un party a Belgravia e si era persa. La mappa che lei aveva era inadeguata così le venne l’idea di creare una mappa aggiornata. Si alzava alle 5, camminava per 18 ore al giorno con un disegnatore, James Duncanm, come suo unico collega. Quando produsse la sua prima “A-Z Map of London” nel 1936 aveva percorso 23.000 strade. Quando gli editori rifiutarono la sua mappa lei ne auto-pubblicò 10.000 copie. Alla fine ebbe successo e le ordinazioni cominciare ad arrivare.
- Marie Tharp, una delle donne da lei esaminate ebbe l’onore di ricevere la Hubbard Medal dalla National Geographic Society nel 1978 per essersi distinta nelle scoperte, nelle esplorazioni e nelle ricerche
- Negli anni ’50 Maria Tharp che lavorava al Lamont Geological Observatory alla Columbia University, iniziò a tracciare le profondità dei dati raccolti dagli “echo soundings” del fondo oceanico dalle navi nell’Atlantico. Non aveva il permesso di andare lei stessa sulle navi. Stava in ufficio e lavorava sulle informazioni. Vide un “pattern” e si rese conto che era una valle, un “rift”, sostenendo che l’unica spiegazione di questo fosse una deriva dei continenti, una teoria che fu proposta nel 1912 e che fu derisa. Il suo supervisore, Bruce Heezen, la trovò imbarazzante e la rifiutò come una “girl talk”, una chiacchiera femminile. Lei disegnò le sue scoperte a bordo, lui le cancellò. Alla fine si convinse e lavorarono insieme scrivendo libri, mappe e articoli con il nome di Bruce prima, naturalmente.
- Nel suo libro le parla di “donne e bambini spinti ai margini delle mappe”, come?
- Prende delle mappe di città. Potrebbe non vederci le fermate dell’autobus, gli uomini non sono gli utenti principali dei bus. Gli ospedali, le scuole, gli spazi per giocare saranno indicati in colori più leggeri in contrapposizione a quelli più scuri, la stazione di polizia sarà sicuramente segnata in nero.
- Che tipo di reazione ha provocato il suo libro?
- Quando sono andato a una conferenza nell’Europa Centrale alcuni dei cartografi uomini erano “upset, sconvolti. “perché abbiamo bisogno di questo libro?” chiedevano “nella nostra nazione le donne hanno piena uguaglianza. Lasciamole stare in cucina o lasciamole lavorare”.
- Che percentuale di donne cartografe lavorano attualmente?
- Dipende dalla regione e dall’area di specializzazione, direi tra il 20 e il 33%.
- Nel suo libro lei cita “alleged gender differences in map reading”, presunte differenze di genere nella lettura di mappe, e l’affermazione che gli uomini non sono tenuti a chiedere indicazioni. Come spiega la loro riluttanza a fare ciò?
- Penso che sia il “sense of failure”, il senso di fallimento del non sapere.


