accadde…oggi: nel 1928 nasce Ruth Westheimer, di Pietro Baragiola

Muore a 96 anni Ruth Westheimer, la sessuologa più famosa del mondo, sopravvissuta all’Olocausto

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Karola Ruth Siegel è nata a Karlstadt, in Germania, il 4 giugno 1928.

Figlia unica di ebrei ortodossi, Ruth aveva solo 10 anni quando suo padre venne arrestato dai nazisti la mattina dopo la Kristallnacht (“Notte dei cristalli”) del 10 novembre 1938.

Il 5 gennaio 1939, sua madre ha fatto in modo che la piccola lasciasse la Germania per la Svizzera come membro di un Kindertransport con su oltre 300 bambini. Questo è stato l’ultimo giorno in cui Ruth ha visto la sua famiglia.

Più tardi scoprirà che suo padre, la nonna paterna e i nonni materni sono stati mandati a morire nei campi di concentramento di Theresienstadt e Auschwitz, mentre la madre è stata classificata come “verschollen” (scomparsa).

In Svizzera, Ruth è stata accolta nell’orfanotrofio di Heiden dove, nonostante i giovani ebrei erano costretti a fare le pulizie per gli altri bambini, Ruth ha un sacco di ricordi felici. “Gli svizzeri mi hanno salvato la vita” ha affermato in un’intervista rilasciata alla Jewish Telegraphic Agency. “Mi hanno tenuto un tetto sulla testa e mi hanno dato da mangiare per sei anni. Ho una sola lamentela: le ragazze non potevano frequentare le scuole superiori e dovevano prendere tutte il diploma di domestica.”

Alla fine della guerra, Ruth si è unita ad un gruppo di giovani emissari ebrei emigrando nell’allora Palestina britannica. Durante questi anni la ragazza ha vissuto in diversi kibbutz e si è unita all’Haganah, il precursore delle Forze di Difesa Israeliane, dove si addestrò per diventare cecchino. Non sparò mai a nessuno ma rimase gravemente ferita alle gambe dalle schegge di un colpo d’artiglieria durante la guerra d’indipendenza del 1948, il giorno del suo 20° compleanno.

Trasferitasi a Parigi, si è laureata in psicologia alla Sorbona per poi conseguire un master in sociologia alla New School for Social Research di New York. La sua tesi era incentrata sui bambini rifugiati che avevano lasciato la Germania nel 1939.

La sua carriera di terapeuta sessuale è nata per caso: insegnava salute pubblica alla Columbia University quando i fondi del suo programma si sono esauriti improvvisamente. “Avevo bisogno di un lavoro part-time per mantenere i miei figli e mi è stato offerto un posto di ricerca da Planned Parenthood” ha spiegato Ruth. “Ho subito pensato: ‘queste persone non fanno altro che parlare di sesso, non del tempo né di letteratura!’ Mi sembrava una follia, ma poi l’ho trovato intrigante.”

Ruth ha iniziato così gli studi per diventare terapeuta sessuale, seguendo gli insegnamenti della dottoressa Helen Singer Kaplan della Cornell Medical School.

Nel 1981 è apparsa in un episodio della stazione radio WYNY dando consigli sul sesso e sulle relazioni come mezzo per affrontare i problemi all’interno della comunità ebraica newyorkese. Il segmento fu così popolare da meritarle un programma settimanale tutto suo: Sexually Speaking, che la rese presto una star tra pubblicità, film e talk show.

All’apice della sua carriera negli anni ’80 e ’90, Ruth ha parlato di sessualità attingendo persino alle sue esperienze personali e ha mostrato grande sostegno alla comunità gay durante l’epidemia di AIDS.

“Per via del mio background ho una certa sensibilità verso le persone che vengono trattate come subumane” ha affermato nel documentario Ask Dr. Ruth in streaming sulla piattaforma americana Hulu dal 2019. “L’essere rimasta orfana molto presto mi ha reso determinata a parlare esplicitamente delle cose in cui credo.”

 

La storia della sua vita è stata raccontata nel cortometraggio animato Ruth: A Little Girl’s Big Journey del 2020 e nell’opera teatrale Becoming Dr. Ruth di Mark St. Germain, interpretata dall’attrice Tovah Feldshuh nel 2021.

Ruth ha continuato ad educare il suo pubblico attraverso libri e conferenze fino ai suoi 90 anni. Durante la sua ultima intervista rilasciata alla USC Shoah Foundation ha mostrato con orgoglio le fotografie della sua vita e della sua famiglia, dai ritratti dei suoi genitori alle foto sorridenti dei nipoti.

“Ho la forte sensazione che Hitler non volesse che io avessi nipoti. Quindi, tenere in mano queste foto evoca in me un forte senso di trionfo. È come dire: ‘vedete? Ce l’ho fatta!’”

A Ruth sopravvivono i figli Miriam e Joel e quattro nipoti.