“Muoio come un paese>Resistere” al teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino

Uno spettacolo davvero particolare, emozionante, quello che abbiamo applaudito ieri sera al teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino che viene riproposto a grande richiesta dopo il “tutto esaurito” della scorsa stagione e che si avvia a bissare questo successo visto lo splendido afflusso di pubblico di cui siamo stati testimoni.

“Muoio come un paese>Resistere” è uno spettacolo in due parti, due mondi completamente diversi, ma allo stesso tempo molto simili, che è basato su due testi che, per avere senso una volta uniti, devono essere messi in modo contrario nella sequenza sia in scena che nel titolo.

“Resistere”, il primo nella sequenza ma secondo nel titolo, è un testo creato in due fasi (nel 1995 e nel 1999) da Barbara Nativi e basato su interviste a testimoni diretti dei vari avvenimenti accaduti a Sesto Fiorentino durante il periodo della Resistenza.

“Muoio come un paese”, il secondo nella sequenza ma primo nel titolo, è un “disegno per un romanzo”, come indica il sottotitolo di quest’opera non dichiaratamente teatrale dell’autore greco Dimitri Dimitriadis, già rappresentata nel 2003 durante l’edizione Intercity Atene nei locali dell’Affratellamento, allora fatiscenti e inagibili.

Dalle note dell’autrice Barbara Nativi su “Resistere”: “…Non abbiamo messo in scena gli eroi. Né la Storia … Le varie voci si contraddicono, si completano, si ignorano: ognuno ricorda i suoi colori, i suoi sapori e ci aiuta, crediamo, a uscire da un rapporto puramente celebrativo con la resistenza, a strapparla al passato, e ritrovarvi dentro parti di noi … ‘Resistere’ dentro, innanzi tutto, nelle coscienze, non abbandonarsi alla barbarie, al menefreghismo, alla pigrizia intellettuale; resistere come una strada da percorrere, sia da soli che in compagnia, in molti o in pochi, non importa” e ancora “…E abbiamo deciso di non presentare soltanto il punto di vista dei migliori, di quelli che sono stati capaci di reagire e di mantenere una loro dignità in quella grande tragedia che furono la guerra e il fascismo…”.

“Muoio come un paese” è stato creato dall’autore durante il suo esilio a Parigi nel periodo della dittatura dei colonnelli in Grecia. Da quel malessere nasce questo “sfogo” artistico di straordinaria intensità poetica, una metafora tra un paese e un corpo umano nel momento della più grande delle sofferenze: la malattia, il tormento, il dolore e forse la morte.

“Muoio come un paese>Resistere” dunque è un cerchio che si chiude. Si parte da un racconto storico, realistico e locale per arrivare ad un altro surreale, allegorico e privo di confini territoriali.

Come avrete intuito uno spettacolo assolutamente affascinante, doloroso, epico, visionario il cui fascino è stato arricchito dalla straordinaria scenografia, dalle bellissime luci e dalla bravura degli attori, in primis Riccardo Naldini, il cui monologo finale emoziona e commuove come raramente ci è capitato di provare, la brava Daniela D’Argenio Donati (che ha sostituito Monica Bauco momentaneamente non disponibile), Marcella Ermini e tutti gli allievi di tutti i corsi della Scuola di Teatro Intercity che il regista Dimitri Milopulos ha saputo “orchestrare” in modo perfetto.

Nota finale: ho volutamente sottolineato le parole tratte dalle note di regia della Nativi perché mi trovano pienamente concorde e ringrazio quindi il teatro della Limonaia per aver avuto, ancora una volta, il coraggio di portare in scena questo spettacolo di denuncia.