“Lena”, racconto di Adele Libero
Quando penso a te, mi sembra di rivedere quelle belle fanciulle di Luca della Robbia, incastonate in tanti siti artistici.
Le bianchissime mani, i capelli sottili e fini, di color del grano, che spesso tormentavi tra le sottilissime dita, gli occhi azzurri come il mare calmo, dove puoi arrivare a vedere il fondo, con un’ombra leggera di tristezza anche quando la bocca s’apriva al sorriso.
Avevamo sedici-diciassette anni, frequentavamo le scuole superiori a Napoli e il pomeriggio ci vedevamo per studiare o semplicemente per parlare. I temi più ricorrenti erano proprio gli studi, i professori che, a nostro dire, ci avevano in antipatia e, manco a dirlo, i ragazzi.
Era il momento della conoscenza più ravvicinata, del corteggiamento. A me piaceva un fusto di quasi due metri, bruno, mediterraneo, al quale m’aggrappavo ballando nelle riunioni innocenti del sabato sera, che si usava organizzare a casa di amici o, più raramente nei locali, dai quali personalmente dovevo venir via non oltre le ore dieci. Fusto con il quale, detto per inciso, ci scappò solo qualche bacio innocente.
Lena aveva già un ragazzo fisso, alto e biondo come lei e come lei con gli occhi azzurri. Li vedevamo camminare mano nella mano lungo i viali del parco dove abitavamo, sempre immersi nelle loro conversazioni. Ma caratterialmente non andavano d’accordo. Le loro liti erano frequenti, sempre per futili motivi. E allora li vedevi, alle feste, danzare irragionevolmente nelle braccia di altri ragazzi/e, ignorandosi sfacciatamente e ridendo troppo forte. Ma poi facevano sempre pace e tornavano a ballare insieme sulle musiche di Morandi, Dalla, i Beatles o i Rolling Stones. Lui sfiorava l’esile corpo di lei, quasi a volerla proteggere dal resto del mondo e scongiurare nuove crisi. Ma Lena era sempre insicura, la sua risposta più frequente alle domande era “non saprei”, dopo di che si richiudeva nella sua inguaribile, riservata timidezza.
Al termine degli studi ci perdemmo di vista, io iniziai quasi subito a lavorare e poi, conosciuto e sposato il ragazzo della mia vita, addirittura mi dovetti trasferire al Nord e non ebbi modo di avere contatti frequenti con le amiche di un tempo.
Solo molti molti anni dopo ebbi sue notizie. Lena aveva sposato il suo primo amore, ma avevano continuato a litigare e così dopo qualche anno di convivenza s’erano
lasciati. Poi, lei si era risposata con un altro suo vecchio ex, nel frattempo diventato vedovo con figli. E, infine, lei, si ammalò gravemente e la nuova famiglia la isolò totalmente dal resto degli amici e del mondo, accampando sempre scuse per non farcela vedere.
Se ne andò così, in punta di piedi come aveva vissuto, camminando tra le nuvole bianche che amava additare, pensosa, forse perché da lei non erano così lontane.
Oggi volevo parlare per l’ultima volta di te, anch’io in punta di penna, per non turbare la tua nuova vita.
Ciao, Lena.
