In un mondo digitale si parla di legno e di carta – “La Toscana di Pinocchio” al Museo della Carta di Pietrabuona, dalla nostra inviata Lady P
Un’atmosfera quasi rarefatta, una cornice di verde dall’intenso profumo di ossigeno e una sala congressi stipata, pulsante di entusiasmo e cultura. Questo lo scenario sabato 27 giugno al Museo della carta di Pietrabuona, perla di tradizione che si affaccia in una delle vallate della Svizzera pesciatina. Qui – grazie al presidente Paolo Carrara e al direttore Massimiliano Bini – si cerca di recuperare l’antica tradizione pesciatina della lavorazione della carta pregiata, quella fatta a mano da maestri artigiani. Ma il progetto è a largo raggio , ambizioso e importante, tanto è vero che da tempo fervono i lavori in una storica cartiera, che diventerà il nuovo museo. Una mattinata intensa, relatori illustri e un progetto davvero ampio che parte da una storia, da un personaggio della fantasia che ha fatto e sta facendo il giro del mondo: Pinocchio. Chi non lo conosce? Simbolo italiano all’Expo, è uno dei personaggi più famosi del’immaginario, ma non molti sanno o ricordano che non è genericamente italiano, bensì appartiene proprio a quei territori cosidetti “ di mezzo” quasi mai compresi negli itinerari turistici alla stregua di Firenze e Pisa,ma avrebbero moltissimo da offrire. Artigianato, cultura, tradizione: Pinocchio è fatto di legno, e ha un vestito di carta: benvenuti a Collodi, a Pescia, nella via della carta, quella pregiata che ora non si fa quasi più e comunque non qui. Cosa abbiamo perso, quanto stiamo perdendo ancora? Turismo, economia, tradizione, capacità manuale che svanisce di giorno in giorno… Che si fa , si lasciano andare le cose o ci riprendiamo in mano? Personaggi illustri intervengono a turno in una girandola di sapere. Qualsivoglia sapere, dal punto di vista politico del sindaco ai ricordi di un esperto bibliotecario, da uno dei più famosi tipografi d’arte ai cosidetti “pratici”, ovvero chi ancora sa “fare con le mani”: chi crea le filigrane, chi le cuce, chi realizza i fogli di carta impressi con una maestria che fa sgranare gli occhi. Li ammireremo verso mezzogiorno, dita rapidissime allenate al lavoro. A un lavoro che è passione, esperienza… amore. Lo stesso amore che permea i discorsi dei relatori, del direttore, degli impiegati e di tutti quelli che stanno collaborando a questo progetto: tornare eccellenza, recuperare l’artigianato, insegnare un prezioso mestiere prima che scompaia del tutto, creare un mercato nuovo che affondi le radici nella storia e nella tradizione guardando al futuro. Per non cancellare il “saper fare” ma al contrario trasmetterlo, insegnarlo finchè abbiamo la fortuna di avere ancora dei maestri. Maestri cartai, che realizzano una delle basi della cultura da sempre. La carta con il suo fruscio, il suo profumo, la sua consistenza di velluti e goffrati. La carta , quella pregiata, filigranata, di materiali nobili manipolati da dita esperte che rese grande questo territorio e potrebbe – e potrà – far risorgere quella grandezza. Perché il nuovo museo al quale si sta lavorando non vorrà essere solo un museo da guardare, bensì un museo vivo, dinamico, produttivo.
Dal canto mio, non posso che ringraziare di aver ascoltato, di aver visto, di aver riflettuto grazie a tutte queste persone che mi hanno per qualche ora trascinata in una favola. E augurare loro che il burattino si trasformi ancora di volta in una creatura viva.