Voce di sale, di Luisa Sordillo, Iacobelli editore, recensione di Daniela Domenici

Profonda, smisurata, ineffabile commozione e continue emozioni: questo e tanto altro mi è stato regalato dallo splendido libro di Luisa Sordillo “Voce di sale” il cui sottotitolo è “un viaggio nel mondo dell’autismo”; come dice Simona Sparaco in copertina “…una voce che squarcia i silenzi e s’insinua nelle pieghe più profonde dell’anima” quella dell’autrice che è madre di tre figli di cui uno autistico e che riesce, nelle più di 300 pagine che volano via, a raccontarci “CON AMORE E DELICATEZZA” (il maiuscolo è voluto NdR), l’esperienza devastante ma straordinariamente arricchente di avere un figlio o una figlia con una sindrome dello spettro autistico perché, come scrive Sordillo nelle ultime pagine, “farò in modo che la sua voce si elevi sontuosa, producendo un’eco maestosa e potente, riconquistando la dignità e il rispetto che merita e non si sgretoli vana come una flebile voce di sale. L’autismo stronca, entrando nelle viscere, dilaniando. L’autistico semina, penetrando nell’anima, germogliandola. Entrambi ci cambiano, per odio o per amore”.

Aurelia, la protagonista di questo superbo romanzo, è un’architetta, sposata con un medico, e hanno due gemelli, Adele e Adriano, il “cuore” pulsante di questa storia; all’asilo si cominciano a notare alcuni suoi comportamenti che porteranno poi alla diagnosi e allo sconvolgimento delle vite di tutti. In aiuto di Aurelia, in momenti diversi, ci saranno l’amica-sorella-madre Marzia, lo psicologo–ex amico dell’adolescenza Flavio e l’insegnante di sostegno Lisa mentre questa coraggiosissima madre troverà assurde barriere, ignoranti dinieghi e incomprensioni dolorose e frustranti nel corpo docente e non della scuola dell’infanzia e primaria frequentata dai suoi gemelli.

Vorrei estrapolare innumerevoli paragrafi ma li riassumo tutti con queste parole “ho un figlio autistico ma potrei dimenticare che si tratti di una patologia se non ci fossero gli altri a ricordarmelo. Lui è diverso ma non sbagliato. Probabilmente solo male equipaggiato per barcamenarsi in questo mondo. Io invece voglio ringraziarlo proprio per essere incontaminato, vero, inviolato…e ultimo, ma non ultimo, mi ha insegnato ad amare nella maniera più ricca e consistente del termine…”: grazie dal profondo del cuore per averci regalato la storia di Adriano e della sua mamma.