con il tempo, di Loredana De Vita
Con il tempo tutto si aggiusta e sembra poter prendere una nuova piega. Si dice ma non è così, dipende dallo sguardo con cui si osservano le cose e, soprattutto, da quale fronte si guardano. Se sei vittima, il tempo potrà lenire la superficie del dolore, ma la sua fonte arderà come sempre e forse anche più forte di prima urlerà il suo malessere; se sei persecutore, il tempo ti illuderà che la tua colpa sia passata e il tuo cuore proverà a ignorare di averla commessa, eppure nulla è più come prima e nulla più potrà mai esserlo e questo lo sai anche tu.
Non si tratta, però, solo del dolore, delle colpe o delle sofferenze subite. Si tratta dello sguardo che si ha verso la vita in genere e verso la propria vita in particolare. Che tu sia realizzato o meno, soddisfatto o meno, felice o meno, viene il momento in cui fare i conti con l’essenziale e ripercorrere a ritroso i propri passi non per confermarli o confutarli, ma per comprendere quanto di ciò che è stato fosse realmente essenziale a costruire la tua dimensione umana, quella cui si perviene comunque con maggiore o minore innocenza.
Questo momento non è il momento della vecchiaia, come molti credono, ma quello dell’insofferenza. Il tempo dell’insofferenza è un tempo senza tempo, cioè non ha un’età e può sopraggiungere a qualsiasi età. È il tempo in cui un’esperienza personale o anche quella vissuta da qualcuno che ti è accanto o persino un’esperienza più totalizzante che coinvolge tutti o buona parte degli esseri umani, ebbene, tale esperienza ti obbliga, se sei almeno un pochino attento alla vita, a porti delle domande e chiederti se il modo in cui hai vissuto il tuo tempo è il modo che il tempo richiedeva, quello di cui il tempo (il tempo di tutti) aveva veramente bisogno.
Quando questo accade, spesso diventi voce fuori dal coro, e ben venga se quel coro non canta per l’armonia ma per la piattezza dei toni della sinfonia. Se quel coro, cioè, ripete un’unica nota nello stesso modo senza che ciascuno dei cantori possa caratterizzarla per il suo ruolo e, soprattutto, per la sua voce.
Se sei quella voce stonata, probabilmente potrai annoverarti tra il numero degli insofferenti, di quelli che, cioè, hanno perso la propria pazienza non dell’attesa e della maturazione quanto del loro contrario. Così mi scopro insofferente alla scortesia, di qualsiasi genere; insofferente alle menzogne e alle finzioni; insofferente ai falsi sorrisi e ai sorrisi di comodo; insofferente al silenzio complice del vuoto; insofferente a quegli insofferenti che si lamentano di tutto senza conoscere e comprendere nulla; insofferente a quelle politiche che si dichiarano umane ma che non agiscono mai a favore delle persone; insofferente ai litigi continui per acquisire posizioni visibili e nascondere il proprio marcio nell’invisibilità della prorpia codardia; insoferrente ai giudizi delle persone che aprono bocca per emettere aria; insofferente a chi si lamenta di ciò che ha senza accorgersi quanto di quello che ha altri non hanno; insofferente a chi si proclama sostenitore della vita, ma ancora non ha scoperto né prova a cercare quale ne sia il vero significato. Insofferente a tutto questo e a molto di più.
Non è vero che il tempo aggiusta tutto, se lo facesse vorrebbe dire che il tempo ci appiattisce al senso comune. Il tempo e il suo trascorrere insegna non aggiusta. Il tempo insegna a leggere i segni del malcontento e, attraverso le esperienze che viviamo, ci offre anche gli strumenti per modificare tali segni e renderli più adatti a una umanità che non si proclami, ma realmente sia umana.