chi era Renata Barsi, alis Zorria, artista clochard di Viareggio

Renata Barsi biografia | Viareggio com’era (viareggiocomera.it)

Renata Rossana Barsi, detta “Zorria” (Bagno a Ripoli 25.03.1929, Pietrasanta 24.03.2002), era un personaggio molto conosciuto che ha vissuto a Viareggio fino a pochi anni dopo il duemila.
Si dice che avesse origini nobili: francesi o tedesche, comunque europee. Veniva da Ravenna quando, nel 1970, fece capolino a Viareggio insieme al padre Renato (per un certo periodo è stata domiciliata a Pisa).
In un primo momento andò a vivere in una vecchia pensione di via Mazzini, villa Diva, ma non si poteva pagare il conto perché «priva di qualsiasi mezzo di sussistenza» dicono i documenti ufficiali che la riguardano.
Stazionava quindi nella zona che va da Piazza Shelley a piazza Mazzini, spesso a fianco del palazzo delle Muse, ultimamente nel cortile dietro la farmacia.

Donnona di carattere rude e scontroso, spesso improperava contro chi la osservasse con pietà o superiorità, oppure verso le donne tutte truccate e agghindate, che lei apostrofava come “signore dai facili costumi”.
Attenzione, la “Zoria” non era né una barbona, né un’ubriacona: al bar del Ferracciolo, in piazza Shelley, beveva solo tè.
Dopo pochissimi anni era già diventata un personaggio di Viareggio, come se non avesse altre origini che quelle dei Vageri e dei personaggi vianeschi.
Era molto amata dalla gente che ha davvero conosciuto la persona che era: intelligente e colta, adorava i ragazzi ed i giovani, che spesso scendevano dal liceo classico per usufruire delle sue traduzioni in greco e latino.
Talvolta la si sentiva cantare le opere di Puccini e di Verdi, senza errori né omissioni.

La Zoria era un’artista di strada eclettica e stravagante, dedita a comporre poesie, scrivere vignette (talvolta anche in tedesco) e produrre disegni: la sua maestria non poteva essere solo talento.
I suoi dipinti venivano realizzati con strumenti poveri su materiali poveri come cartoncini, fogli, cartone da imballaggio e retro di vassoi da pasticceria, ed erano la sua forma di autofinanziamento: le piaceva ricevere in dono bignè e sigarette in cambio di un ritratto, che lasciava intuire un passato da lezioni d’arte. Uno schizzo fatto di getto che regalava ai passanti o ai negozianti in cambio di poco o niente.
Molti viareggini ne possiedono uno che, indipendentemente dal valore economico, stimano per il ricordo, per il semplice gesto che un personaggio così amato e originale ha tributato loro.
La memoria che ha lasciato con i suoi scritti e ritratti, gatti, fiori e pagliacci (in bozzetto a pennarello o matita), richiama un animo sensibile e romantico, benché travagliato e reso spigoloso dalle vicissitudini amare della sua vita.

Si definiva una poetessa, pittrice e compositrice. E lo era davvero.