Il talento del cappellano, di Cristina Cassar Scalia, Einaudi, recensione di Daniela Domenici

Più di trecento pagine divorate in un soffio, in meno di ventiquattro ore, è stato un innamoramento istantaneo e ininterrotto e provo a dirvi perché.

In primis perché si svolge a Catania, città in cui è rimasto un pezzo del mio cuore perché mi ci sono laureata e là ho lasciato tante/i care/i amiche/i avendo abitato trent’anni in quelle zone; e quindi è stato emozionante vivere le avventure della straordinaria vice questora Vanina Guarrasi seguendola per le vie della città e dei paesi etnei che descrive e che conosco molto bene.

Complimenti di vero cuore per l’uso della lingua siciliana, un puro divertimento per il cuore e la mente della sottoscritta che fatto la sua tesi di laurea proprio su un testo di un’autrice catanese; e standing ovation per la caratterizzazione dei/lle tantissimi/e formidabili co-protagonisti/e, dall’affiatatissima squadra di Vanina al commissario in pensione Patanè, dall’ex fidanzato Paolo alla vicina Bettina e all’amica Giulia, ognuno/a di loro emerge a tutto tondo per un suo tic, una caratteristica, un vezzo: bravissima!

Ancora un complimento per lo stile narrativo perfetto, dal ritmo serrato del giallo ma con i rallentamenti e le pause necessarie per gustare le tante specialità gastronomiche etnee che ritemprano il corpo e lo spirito per poi fare il punto sulle indagini, insieme all’amico ed ex commissario Patanè e alla sua splendida squadra, per giungere a scoprire chi abbia compiuto i due omicidi.