where am I? di Loredana De Vita

https://writingistestifying.com/2022/04/02/where-am-i/

Dove mi trovo esattamente in questo istante? Non mi riferisco alla mia localizzazione fisica, ma a dove sono io nel percorso della mia vita. C’è il cancro, certo, ma non c’è solo questo.
Vivo l’ansia per il futuro dei miei figli, di tutti i giovani, di tutti quei ragazzi più fragili che, chiusi in se stessi, mi appaiono come pulcini privati troppo presto del loro guscio.
Li osservo e mi domando, ma come possono i ragazzi, oggi, riuscire a credere nel presente sempre così precario e in balia di ogni potere e odio che ne sconvolga la possibilità di sopravvivenza? Come può un ragazzo più fragile perché più sensibile trovare la dimensione del proprio essere in una società beffarda che disillude e che propone come suo campionario migliore chi si prende gioco degli altri prevaricandoli?
Spesso si dice che bisogna essere forti e andare avanti, già, avanti, ma dove? I molto anziani dicono, ed è vero, che anche loro hanno attaversato guerre e sofferenze, certo, è vero, ma loro avevano una prospettiva, riuscivano a guardare avanti perché un avanti esisteva e potevano immaginarselo… oggi non è più così.
Qual è, infatti, questa possibilità di futuro per i nostri ragazzi? Quale prospettiva per loro se anche il loro presente è continuamente minato da incertezze, vuoti, mancanza di modelli positivi, stabilità emotiva?
Quale presente per questi ragazzi che crescono in un mondo in cui “competere” significa “sconfiggere a tutti i costi” e non “partecipare” con tutto se stessi?
Sembra, difatti, che ogni cosa si dipani tra due unici estremi, vittoria o sconfitta, come se non ci fosse nulla di mezzo, come se vincere indichi la possibilità e la capacità di una persona di stare al mondo, mentre perdere è l’etichetta che determina la debolezza e l’inutilità del perdente tanto da trasformarsi in giudizio perenne.
Non è così, non è nella vittoria ottenuta a ogni costo che si acquisisce equilibrio e abilità di conoscere le persone, il mondo, il tempo e i tempi, ma soprattutto se stessi.
È cadendo, sbagliando, perdendo che si imparano i propri limiti e, attraverso di essi, ci si rafforza, si interiorizza il vissuto e il vivere e si cresce con delle idee da realizzare e non privi di esse. È la sofferenza che matura la sensibilità quanto l’intelligenza, la creatività quanto la bontà.
Ciascuno può essere eroe della propria esistenza, ciascuno è il cavaliere generoso che salva per salvarsi insieme agli altri e che sa dare significato al proprio “titolo” di essere umano.
Chi sceglie altre vie -quelle della violenza e del potere, del sotterfugio e dell’inganno- seppure arriva prima, è un perdente, un capriccioso e inane perdente. Il vero potere, infatti, non è quello che deprime l’altro per emergere, ma quello di chi, consapevolmente, riconosce la propria fragilità e ne fa virtù.
Questo dovremmo mostrare ai nostri ragazzi affinché possano pensare e costruire non solo in prospettiva il loro mondo, ma nel presente, un mondo vivibile e sensato che non li soffochi sotto le macerie delle nostre scelte e del loro stesso silenzio taciuto e sprecato.