la ragazza in giardino, di Marise Ferro, a cura di Francesca Sensini, Elliot 2022, recensione di Daniela Domenici
ho “scoperto” la straordinaria scrittrice e giornalista Marise Ferro solo pochi giorni fa, grazie a Francesca Sensini, con il suo “La violenza”
e me ne sono ulteriormente innamorata con “La ragazza in giardino”, sempre perfettamente curato da Sensini che ringrazio, ancora una volta, per averci fatto conoscere questa superba scrittrice “tutta da riscoprire, estranea a ogni retorica, capace di produrre un racconto della realtà creativo e sottilmente polemico, di cui svela gli ingranaggi di bellezza, dolore e nonsenso”
Anche per questa opera, che è uscita nel 1976 per Rizzoli e che si svolge nel 1960 nell’estremo ponente ligure nella zona di Ventimiglia, città natale dell’autrice, valgono i complimenti che le ho già dedicato nella mia prima recensione; colpisce l’amore empatico, profondo, che definirei con un termine dannunziano “panico”, tra la protagonista, Laura, che conosciamo da bambina e che seguiamo fino alla giovinezza, e l’immenso, ricco giardino della nonna Leo, una “donna spigolosa amante delle piante molto più che delle persone” in cui è stata lasciata a vivere dai suoi genitori, accompagniamo Laura “nella sua iniziazione alla vita, all’amore, al sesso, al desiderio di autonomia, a partire da questo eden moderno, luogo di delizie e di illusioni”.
Questo giardino paradisiaco, romanzesco, a cui Ferro si è ispirata, esiste davvero, ci fa sapere la curatrice Sensini, ed è quello di Villa Hanbury “diciotto ettari di giardino di acclimatazione, tipicamente all’inglese, digradante dalla via Aurelia al mare, realizzato a partire dal 1897 e che oggi è proprietà dell’università di Genova ed è aperto al pubblico”.