Favole per Irene, di Enrico e Filippo Zoi, Sarnus 2018, recensione di Daniela Domenici
il babbo Enrico (lo definisco così perché Enrico è fiorentino doc) scrive le fiabe per la figlia Irene e il figlio Filippo le correda di disegni coloratissimi, non si può immaginare un connubio più tenero, un cerchio d’amore straordinario a maggior ragione perché il disegnatore Filippo è “un giovane adulto con disturbi dello spettro autistico” come scrive Patrizio Batistini, psicologo e psicoterapeuta, nella sua affettuosa prefazione; e aggiunge “Enrico, con maestria, riesce a far irrompere il fantastico nel quotidiano” e i disegni di Filippo sono “coloratissimi, ricchi di dettagli, apparentemente frammentati ma coesi nell’evidenziare, a loro modo, il titolo e il protagonista centrale della favola. Si impongono e colpiscono per l’essenzialità e la generosità dei colori”.
Enrico ha creato sei favole con oggetti di uso comune che diventano, con le sue parole, magici e sono
- lo Zampacchione giallo
- il castello della strega Buggerona
- la bolla Gedeona
- l’album di fotografie
- Francesca nel presepe
- il vecchio treno
cosa sia uno zampacchione lo scoprirete leggendo la prima fiaba, sono sicura che tutti/e vorreste averne uno dopo averlo conosciuto; e perché si chiami Buggerona la strega della seconda, beh, vi do uno spunto, deriva da un verbo che si usa molto a Firenze…la bolla Gedeona, poi, commuove nella richiesta che fa al bambino Mario che l’accontenta.
La mia favola preferita è la sesta, “Il vecchio treno”, forse perché appartengo alla terza età, sono vecchietta come lui e ho il suo stesso timore che, naturalmente, non vi svelo. Enrico immagina per il vecchio treno un finale che commuove profondamente.
Enrico Zoi ha scritto e pubblicato anche una seconda raccolta di favole di cui vi parlerò presto, lasciatevi ammaliare dalle sue parole, splendidamente illustrate da suo figlio Filippo, che vi lasceranno un sorriso nel cuore.