accadde…oggi: nel 1872 nasce Adelaide Bernardini Capuana, di Ester Rizzo

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La sfortuna di Adelaide nell’essere obliata risiede non tanto nell’aver sposato un letterato illustre ma di essersi inimicata gli “amici-colleghi” coevi del marito.

Adelaide Bernardini era nata in Umbria, a Narni, il 21 maggio del 1872 da Napolione, “guardiano carcerario”, e da Filomena Tei, ma trascorse la maggior parte della sua vita a Catania. Già da giovanissima scriveva poesie e novelle e, in seguito, si cimentò anche nei romanzi. Fra i suoi scritti ricordiamo: Colei che tradivaBarca novaLa vita urgeL’altro dissidioLa signora Vita e la signora Morte. Fu collaboratrice di varie testate tra le quali Il Fanfulla della Domenica, Giornale d’ItaliaL’Ora e altri giornali che si occupavano di tematiche inerenti al mondo femminile come Cordelia e La Donna.

Appena ventenne lasciò Narni per andare in Turchia e da lì si trasferì in seguito a Roma. Nella capitale, dopo una delusione d’amore, tentò il suicidio. La stampa del tempo riportò questo fatto di cronaca e lo scrittore siciliano Luigi Capuana, colpito dalla vicenda, volle incontrare Adelaide proponendole di diventare la sua segretaria. Iniziò per lei così una nuova vita, con un trasferimento in Sicilia e con una cospicua produzione letteraria. Nel 1908 il famoso scrittore e la meno nota scrittrice si sposarono, ma la fama di lei iniziò a crescere e, contemporaneamente, crebbe anche l’ostilità nei suoi confronti.

Molti di coloro che hanno tracciato il suo profilo non sono stati benevoli: fu accusata di aver utilizzato, per favorire la sua carriera, il nome e la fama del marito. In particolare un critico palermitano, Francesco Biondolillo, stroncò impietosamente le sue fatiche letterarie. Anche Verga e Pirandello non l’apprezzarono. Oggi invece i suoi scritti sono stati rivalutati e ritenuti degni di nota e si inizia, seppur timidamente, a denunciare la caduta nell’oblio della sua memoria.
Adelaide, quando scriveva, era di parte e precisamente stava dalla parte delle donne, soprattutto di quelle che trovavano il coraggio di ribellarsi. Non si limitava a raccontare i loro atteggiamenti anticonformisti e insofferenti ma metteva in risalto la trasformazione che era avvenuta nella mentalità femminile. Per lei quegli atteggiamenti erano giusti e sacrosanti. Così si esprimeva: «Andar via con l’uomo che si ama è giusto, è giusto ribellarsi ad un marito che tradisce, ad una famiglia che si disprezza, è giusto respingere un concetto di perdono che può diventare catena e umiliazione».

Di lei si può affermare che non seguì le scelte letterarie del marito né quelle degli altri veristi. Fu donna e artista autonoma, determinata nel tentare di ribaltare i ruoli e i valori assegnati al mondo femminile dell’epoca. Come le altre scrittrici sue contemporanee, compì una piccola rivoluzione in seno alla tradizione letteraria maschile. Le vicende familiari piene di omicidi, passioni, tradimenti messi in risalto nei suoi scritti evidenziavano come nella realtà (e non solo quindi nella sua narrazione letteraria) il marito “padre padrone” non fosse accettato da tantissime donne.

Dopo la scomparsa di Capuana, avvenuta nel 1915, aumentarono i diverbi fra lei e Luigi Pirandello. Nel 1922, alla morte di Giovanni Verga, Adelaide prese la decisione di mettere all’asta il manoscritto originale del romanzo I Malavoglia scatenando le ire dello scrittore. Adelaide non si curò di questi attacchi e continuò a scrivere soprattutto opere teatrali che affidava per la trasposizione in scena ad Angelo Musco.

Tra Pirandello e Adelaide Bernardini ci fu anche una famosa querelle: la moglie di Capuana accusò il grande drammaturgo di plagio riguardo al primo atto di Vestire gli ignudi, che riprendeva palesemente la trama di un racconto del marito. In effetti, le vicende narrate nelle due opere coincidono, anche perché il testo di Capuana era ispirato ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1895, i cui protagonisti erano lui stesso e Adelaide. Pirandello ammise sulle pagine del giornale L’Epoca del 22 novembre 1922 di essersi ispirato a “un documento umano”, ma il polverone suscitato da quella accusa finì per travolgere solo la donna.

La scrittrice restò isolata nella sua residenza catanese fin quando morì il 2 novembre del 1944. La città di Catania le ha dedicato una via e abbiamo appreso recentemente che anche a Narni, suo luogo di nascita, è stata fatta una richiesta di intitolazione.

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