“Landai”, silloge poetica di Silvana Sonno, edizioni Era Nuova, recensione di Daniela Domenici

 landai

Ho avuto già l’occasione e il piacere di recensire due opere precedenti di Silvana Sonno, docente e scrittrice perugina,  nello scorso mese di luglio, prima una deliziosa raccolta di racconti

https://danielaedintorni.com/2014/07/11/la-signorina-greta-e-altre-storie-di-silvana-sonno-recensione-di-daniela-domenici/

e poi un interessantissimo saggio

https://danielaedintorni.com/2014/07/26/le-parole-per-dirsi-di-silvana-sonno-edizioni-era-nuova-recensione-di-daniela-domenici/

che mi ha dato modo di venire a conoscenza di una lingua solo femminile utilizzata in Cina: il Nu Shu.

Ho così scoperto che l’autrice ha una vera passione e una straordinaria preparazione su molte strutture linguistiche e forme poetiche, soprattutto asiatiche; fino a quel giorno conoscevo, e mi ero anche umilmente cimentata, nella creazione di haiku. Silvana Sonno mi ha parlato del “landai” spiegandomi nei dettagli cosa sia e raccontandomi che ne aveva già creati alcuni. Ed ecco oggi abbiamo il piacere di accogliere questa silloge che raccoglie 63 landai di Sonno illustrati dai bellissimi disegni di Iolida Tizi.

Vi chiederete cosa siano i landai, io ho trovato questa spiegazione “I landays sono una forma di poesia breve, popolare e antica che le donne pasthun utilizzano in segreto per denunciare le violenze e i soprusi a cui sono sottoposte. Landays – o landai – è un distico in cui il primo verso è di nove sillabe, il secondo di tredici. Ma non vi è rigidità nel comporre. La poesia semplice, comprensibile a tutti e che tutti possono scrivere, è certo uno dei mezzi più potenti e liberi per dare messaggi immediati, forti, che si fissino nelle menti in modo indelebile. Con la poesia si sono fatte conoscere nel mondo le lotte dei popoli oppressi, si sono tramandate per secoli le storie delle genti dimenticate.“ (da www.cartesensibili.wordpress.com).

Ma sentiamo come Sonno ne parla: “Subito ho…sentito quella metrica e quel ritmo vicini alla mia sensibilità e così ho cominciato anch’io a scrivere distici, che si richiamano alla matrice landai della cultura pashto, ma che si nutrono delle suggestioni della nostra società occidentale, dove tante donne ritrovo sorelle di quelle altre, lontane nello spazio ma non nell’esperienza della violenza. Una scrittura, quella richiesta dai distici landai, che è atto cospirativo contro società – la loro, ma anche la nostra, pur con le dovute differenze – che negano alle donne l’esperienza dell’amore, della bellezza, del desiderio, nella libertà. In alcuni miei versi faccio esplicito riferimento a alcune vittime di femminicidio che la cronaca italiana ha messo crudamente alla ribalta, ma sono poche; infatti non ho inteso indulgere su questo versante, perché la poesia non può diventare principalmente necrologio o compianto, ma deve potersi ritrovare in essa lo stato e la “sorte” delle/dei viventi La metrica contenuta delle poesie landai (circa 22 sillabe in tutto, ma senza rigidità) mi stimola a un lavoro di sintesi, dove travasare senza retorica il mio particolare sentimento del femminile, in cui la sconfitta diventa grido e denuncia, il dolore si scioglie in speranza, il desiderio e l’amore chiamano a testimone la bellezza e il gioco e la voglia di vita. Delle donne, di noi donne, di me donna.”

E noi donne la ringraziamo per averci regalato questi landai; ne scelgo uno tra tutti, scelta non facile, l’ultimo

Un manoscritto di poesie

e occhi e mani per leggerle e cantarle. Io resisterò.