“Camminavo rasente i muri” di Massimo D’Aquino, recensione di Daniela Domenici
Da quando mi sono documentata per scrivere e poi pubblicare il mio primo libro “Fabiola storia di una trans”, da quando ho partecipato a vari gaypride sia in Sicilia che qui in Toscana, da quando ho fatto amicizia, sia dal vivo che virtualmente, con persone lesbiche, gay, bisex, trans, queer e intersex il mondo LGBTQI è diventato un po’ la mia seconda casa. Questo incipit per spiegare perché questo libro che mi è stato gentilmente donato dall’autore Massimo D’Aquino e il cui sottotitolo è “autobiografia tascabile di un transessuale” abbia trovato terreno fertile in me.
Ringrazio Massimo per aver scritto questa sua autobiografia per vari motivi: innanzitutto per lo stile narrativo da lui usato che è avvincente, appassionante come un romanzo pur essendo la storia vera di una vita vissuta sulla propria pelle, con l’escamotage dell’alternanza continua, evidenziata anche dal punto di vista grafico, del momento attuale con flashbacks sul passato, senza alcuna manchevolezza dal punto di vista stilistico, un elemento alquanto raro (…e qui parla la correttrice di bozze) e per questo da sottolineare.
E soprattutto lo ringrazio dal profondo del cuore per aver voluto condividere con tutti noi la sua storia di persona trans FtM (Female to Male), da donna a uomo, una storia narrata con infinita ironia per sdrammatizzare i tanti momenti dolorosi e intrisa di una struggente, disarmante sincerità che commuove; il suo libro è così denso di frasi che mi hanno colpito e che ho sottolineato che non saprei quale scegliere per darvi spunti di riflessione pregni di significato, allora inizio dalla fine quando Massimo scrive: “E’ tutta apparenza. Può sembrare una storia tragica, in realtà non cambierei la mia vita con quella di nessun altro e mi ritengo una persona fortunata, molto. Riprenderei la mia di croce, in mezzo a tante…se mi guardo indietro la mia vita è un cambiamento continuo, ciclico ma non ripetitivo. Ogni volta miglioro un po’…quando ti rendi conto che c’è sempre qualcosa di meglio da fare non ti vorresti fermare mai…sulla mia pelle ho vissuto di nuovo, qui, seduto davanti al pc, quelle emozioni affrontandole di petto, chiedendomi mille perché e pretendendo, stavolta, da me stesso, tutte le risposte, quelle vere. E’ stato e continua a essere un lavoro estenuante, ma rende indietro tutto e molto di più. Poche tracce per una storia unica, né migliore né peggiore di tante altre, ma certamente unica come quella di ognuno”.
Straordinariamente commovente la lettera che avrebbe voluto scrivere alla madre amatissima appena morta che Massimo conclude con queste parole: “…avrei voluto raccontarti questo mio male di vivere ma mi hai lasciato solo con questa cosa più grande di me. Voglio parlarti ancora una volta. E voglio essere perdonato da te. Non è una mia scelta, non posso vivere se non come tuo figlio…” e poche pagine più oltre spiega ancora meglio questo concetto: “…questa sofferenza. E’ come una penitenza continua, non te ne dimentichi mai, neppure per un secondo. La causa del tuo male è il tuo corpo che ti devi portare appresso ogni giorno, ogni minuto, sempre con te. Ma non lo vuoi. Ti fa schifo addosso a te. Non è tuo…”: sono parole pesanti come pietre ma Massimo ha la capacità di non autocommiserarsi mai, anzi di considerare una rara fortuna l’essere nato transessuale; e personalmente lo ringrazio di aver condiviso con noi questo suo cammino come hanno già fatto molti altri amici e amiche trans prima di lui, ogni loro contributo è un arricchimento per tutti noi.