“A te”, racconto di Antonella Aigle
Stasera ne ho bisogno, non posso farne a meno. Ho appena terminato il mio turno di lavoro; guido veloce fino al lungomare e parcheggio. Scalcio i sandali e fremo di dolore quando i piedi scalzi toccano l’asfalto della strada ancora bollente. Corro veloce, incurante del dolore, fino a toccare la sabbia e sospiro al piacere che quel contatto mi procura.
<<Zia Anto>> mi saluta il mio amico nello stesso modo in cui le sue deliziose figlie fanno, quest’anno guardiano notturno del circolo nautico.
Gli faccio un cenno con la testa, un groppo in gola mi impedisce di rispondere come vorrei.
<<Sei venuta a scivolare? Vai allora…>> mi dice senza farmi sentire per nulla in imbarazzo, per quel desiderio folle che mi attanaglia lo stomaco, che mi chiude la gola.
E io mi incammino; supero gli odorosi oleandri, l’olivella di Boemia, le tamerici; cammino cauta tra le barche, i gommoni, i surf a riposo.
Mi fermo a dieci metri dalla riva, dritta impettita, i piedi nudi poggiati sulla lunga e larga striscia di gomma nera utilizzata per portare i natanti in mare.
Inizio. In una danza tutta mia, su note che io solo conosco, i piedi a fare attrito con la poca sabbia strusciano liberi fino in fondo, quasi a toccare l’acqua. E ancora indietro e poi di nuovo avanti. Uno due tre cento volte: incurante di esser vista, di esser osservata, guardata, giudicata pazza o folle o umanamente malinconica, solamente tanto umanamente triste stasera; il peso del mondo sulle spalle, i pensieri a lottare impetuosi, le idee a rincorrersi furenti incapaci di essere messe in riga. Uragano, tempesta, pioggia incessante.
Ad un certo punto succede…come ogni volta. Il ricordo torna, quell’ attimo di pace quando bambina mi tenevi la mia piccola mano tra la tua mentre mi lasciavo cullare dall’ acqua, il corpo sospeso a fluttuare, il cuore quasi a spaccarsi di gioia, al sicuro tra le tue braccia. L’estasi arriva inesorabile, un’estasi mentale, a darmi pace come ogni volta, in un luogo dove solo io posso arrivare, dove non permetto a nessuno di raggiungermi. Difficile, doloroso per coloro che mi amano non riuscire ad ancorarmi, non riuscire a raggiungermi, dover accettare di rimanere a distanza. Distanza di cui ho estremo bisogno. E’ doloroso da giorni, giorni interi…posseduta ma non avuta. Presente e distante. Qui e in ogni luogo. Sola in mezzo a tanta gente.
E immetto aria, allargo le braccia, gli occhi chiusi a un passo dall’ acqua e in quel perfetto istante sono tutt’ altro: sono l’ultimo raggio di sole, sono brezza marina, sono sale di lacrime e mare.
Un respiro profondo… è finito, tutto finito, scivolato via come per un’arcana magia. Chino la testa a quel mare che amo, a quel mare che bramo, a quel mare che desidero con tutte le mie forze, consapevole di non poter vivere altrove, di non potergli dire addio definitivamente, né ora né mai; consapevole di aver pagato un tributo troppo alto per amarlo, bramarlo, desiderarlo con tutte le mie forze.