“Voci dal carcere”, mia seconda opera, prefazione di Paola Romeo

 voci dal carcere

Ho chiesto a un mio collega che ha metà cattedra da noi e metà nel carcere di Sollicciano il favore di far avere una copia del mio libro al direttore del carcere per metterlo in biblioteca e oggi mi ha detto che è andato tutto positivamente: il mio libro è entrato anche a Sollicciano. Ne sono onorata e felice e ho sentito il desiderio di proporvi la prefazione che mi ha gentilmente scritto l’amica Paola Romeo che ringrazio sempre per questo dono.

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“Conoscere Daniela Domenici è giù un dono per chiunque , miscela esplosiva di cultura ed empatia racchiusi in un sorriso contagioso e solare. Difficile quindi immaginare che significato possa avere un simile incontro per chi di sole ne vede davvero poco.

Alla sua seconda fatica letteraria la scrittrice tosco-siciliana affronta nuovamente un tema estremamente spinoso: la condizione degli ergastolani ostativi e non.

“Fine pena MAI”: in tre parole un’angoscia immediata che prende alla gola, la negazione assoluta di qualsivoglia speranza e la consapevolezza che l’uomo sia riuscito a inventare qualcosa che sembrerebbe impensabile: una pena più atroce della morte.

Un argomento, si diceva, spinoso che porterebbe ad immaginare un testo noioso ed oppressivo, una sorta di saggio pseudopolitico se non persino demagogico o banalmente buonista.

Nulla di tutto questo.

Nel suo inconfondibile stile di viaggiatrice dell’essere umano, Daniela percorre racconti, emozioni, esperienze vissute, riflessioni e sentimenti contrastanti creando un avvincente carosello di vita che porta a comprendere senza l’impressione di aver dovuto capire.

La sua profonda e condivisa convinzione che nessuna pena possa essere contraria al senso di umanità, supportata dalla citazione di leggi precise sull’argomento che non vengono purtroppo applicate, porta il lettore ad entrare in punta di piedi in una realtà forse volutamente sommersa che necessita di venire alla luce e farci porre delle domande precise sul nostro sistema giudiziario nonché su molti luoghi comuni che abbiamo respirato da sempre.

Lungi dal voler argomentare più di tanto in maniera didattica, l’autrice si veste invece dei panni di partecipe regista , o piuttosto guida dantesca nel peggior girono dell’inferno, dando voce ai veri protagonisti – i detenuti o meglio come lei li chiama “ i miei amici detenuti2…e lascia parlare loro, tra racconti, lettere, stati d’animo e poesie, intercalando con discrezione riflessioni personali ed esperienze vissute sulla propria pelle.

Un collage di disperazione che la scia però un insospettabile retrogusto di forza mentis, del potere della vita sulla vita, o in questo caso sulla non-vita, che si rivela negli scritti di coloro che proprio Carmelo Musumeci – uno dei “protagonisti” – chiama da sempre gli “uomini ombra”.

Una piccola scintilla nel buio oltre il buio, quella della creatività, che l’autrice vuole portare alla luce e all’attenzione di chi ritiene che oltre le sbarre gli uomini smettano di essere tali.

Forse, se ci fossero più persone come Daniela Domenici potremmo cominciare a parlare di una legge “legale” e di una vera rieducazione, nel rispetto dei diritti fondamentali dell’essere umano.