“Le chajim” di Roberto Fiorentini, Graphofeel edizioni, recensione di Daniela Domenici
“Un romanzo storico denso di vicende e personaggi, suspence e colpi di scena che si intrecciano nelle viuzze del ghetto e nelle piazze della buia Roma papalina nel 1775, anno 5536 della Creazione”: prendo in prestito la sinossi in quarta di copertina per iniziare questa mia recensione a “Le chajim”, opera prima di Roberto Fiorentini, docente, autore di articoli di didattica e storia e, da tempo, impegnato nello studio della Shoah, della storia degli ebrei e d’Israele.
Dopo un inizio con andamento lento per descrivere nei dettagli l’epoca storica e il luogo, il ghetto di Roma, il romanzo entra nel vivo con l’entrata in scena di un giovane ebreo livornese Avraham a cui verrò affidato il compito, imprevisto, di liberare la giovane Diamante, reclusa nella Casa dei Catecumeni a Santa Maria dei Monti dopo essere stata rapita per farle abiurare la sua religione nei cui testi è particolarmente ferrata perché sua madre Lea glieli ha fatti studiare con caparbietà e impegno.
Intorno ad Avraham e a Diamante si muovono una miriade di persone, dalla locandiera Serena all’amico Angelo, una moltitudine di anime che popolano il ghetto che ci viene presentato nei più minimi dettagli anche grazie alla minuziosa descrizione dei riti, delle leggende e all’uso della lingua da loro utilizzata, un misto di ebraico e romanesco, una sorta di loro codice segreto.
Perfetta l’alternanza, creta da Fiorentini, tra i pensieri e le frasi di Diamante reclusa e la narrazione delle vicende esterne alla Casa dei Catecumeni con un crescendo di suspence fino a quando gli amici decidono e mettono in pratica, a loro rischio e pericolo, la sua liberazione nella quale avrà un ruolo non secondario un personaggio misterioso, un conte francese cinico e immorale che solo nell’epilogo sapremo chi sia: vi anticipo soltanto che è vissuto realmente e che il suo cognome, ancora oggi, è sinonimo di dissolutezza e amoralità.
Concludo con il significato del titolo, un augurio che potrebbero utilizzare anche i non ebrei: “le chajim” vuol dire “alla vita”…buona vita a tutti!
L’ha ribloggato su Scorribande Filosofiche.
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