New Orleans, di Tiziana Mignosa

Come vento d’emozioni colmo

è un piacere sottile

quello che osservo e accolgo

mentre strati di tempo sovrapposti

policromi vissuti

tutt’intorno effondono

Scorro

tra immagini a contrasto

ossimori viventi tra fulgore e ombre

melodie di canti e balli

che d’opulenza e povertà

l’ago della bilancia

velocemente spostano

E da quell’adesso di caldi turbamenti

mi lascio dolcemente catturare

di case che quel dolce gusto antico

ancora hanno da offrire

a chi col battito le annusa

e le sa ascoltare

In lontananza

maestose torri buie

lucenti a sfavillio cangiante

spiccano nell’immensità

di un cielo a notte di nubi ballerine

che sorridono

ma sanno anche dar le spalle

E m’insegnano di quanto saggio sia voltar pagina

prima che l’attimo di stupore

nel successivo evapori

permettendo cosi al sole del tramonto

di far notte per accogliere

le novità del nuovo giorno

La magia

è un caminetto acceso nel gelo dell’inverno

se la trattieni

come sabbia la vedrai svanire tra le dita

ma quando riuscirai a lasciarla andare

il sole finalmente potrà brillare

anche in mezzo al più fitto temporale

 

 

tiziana mignosa

ottobre duemiladiciannove

 

Ancora una poesia che descrive le emozioni di un viaggio; l’autrice, come lei stessa afferma, osserva e accoglie quel “piacere sottile” di “strati di tempo” dei vari vissuti sovrapposti gli uni sugli altri, tutti diversi tra loro, che si sono accavallati lungo le varie ere. Ci porta per mano a osservare, attraverso “gli occhi del suo sentire”, quelle che lei definisce “immagini a contrasto” in cui si esternano opulenza e povertà, fulgore e ombre, non a caso parla di ossimori, in questo caso viventi, lei osserva le abitazioni e le persone, alte e basse, povere e ricche, antiche e moderne…

Si canta e si balla per strada, da quelle parti è un fare comune, ma dietro tutto ciò traspare, per chi sa coglierlo, tutto quel contrasto appena descritto.

Ecco che qui l’autrice si confessa, nella terza strofa ci suggerisce di lasciarsi “dolcemente catturare” da quel presente fatto di “caldi turbamenti” mentre osserva quelle abitazioni “dal dolce gusto antico” che ancora emanano vissuti d’altri tempi; questo però accade solamente a chi sa ascoltare cosa hanno ancora da raccontare quelle mura, quindi è un messaggio non accessibile a tutti ma solo a chi ha la sensibilità di accorgersene.

A questo punto l’autrice viene “stregata” sì, ma da cosa? Da quel contrasto che lei definisce “magico” che si viene a creare tra quelle case basse, povere e antiche e quei grattacieli che spiccano in lontananza, grandi, moderni, ricchi e illuminati da luci artificiali e cangianti ma, soprattutto, da quel cielo che tende all’imbrunire ma che è pieno di “nubi ballerine che sorridono ma sanno anche dar le spalle”

Che cosa avrà voluto dire l’autrice con questa frase? Le nubi, secondo la metafora che ha usato, sono “ballerine e sorridono…” sono ballerine perché non essendo finte si muovono, quindi arrivano (un qualcosa che arriva dovrebbe sempre generare il sorriso) ma sanno anche dar le spalle, cioè vanno via…

L’autrice non perde occasione per “ascoltare cosa ha da dire la vita” e allora mentre si lascia deliziare da quello che colgono i suoi occhi trae insegnamento anche da ciò che magari qualcun altro avrebbe potuto vedere solamente come un bel paesaggio e niente di più. Le nuvole, infatti, nel loro arrivare e subito andare via, le mostrano “quanto saggio sia voltar pagina /prima che l’attimo di stupore /nel successivo evapori / permettendo cosi al sole del tramonto /di far notte per accogliere/le novità del nuovo giorno.” Lasciar andare è l’insegnamento, permettere a ogni cosa di fare il suo naturale corso senza forzature di alcun genere, è la via giusta e significa permettere al cerchio di chiudersi e cioè di far spazio alla notte che accoglierà il nuovo giorno che aspettava questo per manifestarsi. Perché tutto ciò? Ce lo spiega nella chiusa quando afferma che “la magia/è un caminetto acceso nel gelo dell’inverno” cioè qualcosa che ci fa stare bene e che contrasta con la consuetudine, magari anche un po’ scialba, della vita di tutti i giorni ma se la tratteniamo, per paura di perderla, la vedremo comunque svanire come sabbia tra le dita, ma perché? Perché non esistono due attimi identici e anche il più magnifico non potrà mai duplicarsi; solo quando riusciremo a lasciare andare anche i momenti più belli “il sole finalmente potrà brillare/anche in mezzo al più fitto temporale.” Non ci resta allora che provare, mi auguro che Tiziana abbia ragione!

Santino Gattuso

http://www.partecipiamo.it/tizchevola/1.htm