scrivere è la voce della mia speranza, di Loredana De Vita

Writing Is the Voice of my Hope – Writing Is Testifying

La scrittura è la voce della mia speranza, della mia speranza attiva, poiché nessuna speranza può essere solo chimera e dispersione di pensiero. La speranza è attiva nella misura in cui ciascuno a modo proprio e in conformità con il proprio stile, agisce affinché la speranza diventi realtà o, almeno, diventi segno concreto nelle azioni comuni del proprio quotidiano.
Scrivere, allora, è la voce della mia speranza attiva, è il modo che ho assunto responsabilmente ogni giorno affinché, chissà forse un pochino ogni giorno, chi mi legge possa ritrovare il valore di una fedeltà alle persone e alla vita che così tanto è andato smarrito in un quotidiano avvilito dalle circostanze individuali e dalle amarezze di una vita spesa con riguardo grande verso il valore economico e scarno per il valore dell’umana persona.
Non ho la pretesa né la presunzione di poter cambiare il mondo, ma nel non tacerne i mali e le contraddizioni faccio la mia piccola parte per alimentare la speranza nei cuori e nel pensiero come nelle azioni di chi sceglie di confrontarsi con me e con il mio pensiero.
Quello che ci accade, spesso sgradevole e doloroso, non accade perché il caso ce lo offre, ma perché le scelte degli uomini ci inducono a vedere nell’altro un nemico da combattere, nella visibilità il senso del nostro essere e nella ricchezza il valore della nostra persona. Questo che ci accade, però, è una scelta, una scelta umana, persino, ma una scelta che deficita il senso del nostra esistenza e della nostra vita rendendoci più simili a predatori in cerca di cibo che a esseri umani in cerca di un significato alla propria vita. C’è una differenza, però, i predatori assalgono perché hanno fame del necessario per vivere, noi lo facciamo per essere in vista, per essere “i più” in qualsiasi cosa e, soprattutto per avere di più, in particolare quello che non ci è necessario per vivere.
Si potrebbe pensare a uomini, e anche economie, che invece di fronteggiarsi e assalirsi camminano insieme per il bene comune, non farlo è una scelta, non una predestinazione, ma è una scelta che ci autocondanna alla solitudine profonda e all’eterna paura dell’altro e anche di noi stessi nel caso dovessimo rivelare le nostre fragilità immediatamente intese come difetti, come spregevoli debolezze.
Quello che dobbiamo fare è cercare una vita degna e valida che misuri la sua stabilità non su processi economici complicati e disorientanti che ci rendono gli uni nemici degli altri, ma su percorsi umani da edificare insieme.
Lo so, sono un’idealista, ma la mia speranza, come dicevo in principio, è attiva e, attraverso la parola, non si arrende al meschino nosense che ci deumanizza spogliandoci dell’anelito alla vita che tutti indistintamente meritiamo, poiché tutti meritiamo di vivere.
Il mio pensiero corre a uno scrittore che amo molto, José Saramago, il quale, in un suo bel libro, “Il quaderno”, rivela del suo sconcerto e costernazione rispetto al pensiero che gran parte del suo pensiero sia stato vano e privo di importanza. Racconta, allora, di suo nonno Jerónimo che un attimo prima di spiare andò a salutare gli alberi che aveva piantato abbracciandoli poiché sapeva che non li avrebbe più rivisti. Ebbene, Saramago scrive continuando il suo racconto “È una buona lezione. Mi abbraccio dunque alle parole che ho scritto, auguro loro lunga vita e ricomincio a scrivere dal punto in cui mi ero fermato”.
Ecco, farò anch’io così. Non importa chiedersi quanto bene facciano le proprie parole e se servono a cambiare il mondo. Ciò che conta è restare fedeli allo stile della propria formazione e a essa dare ancora voce, poiché, chissà, prima o dopo, qualcuno potrebbe averne giovamento e continuare a costruire ponti.
Come il pastore di cui racconta Jean Giono nel suo libro “L’uomo che piantava alberi”, io continuerò a seminare parore responsabili e con la responsabilità della responsabilità, il resto sarà comunque uno sbocciare di possibilità che solo ciascuno saprà, se vuole, scegliere.