Emanuela Setti Carraro nasce a Borgosesia, in provincia di Vercelli, nel 1950, da famiglia della “borghesia buona”, figlia di Antonia Setti Carraro, capogruppo di Crocerossine durante la Seconda guerra mondiale. Divenne moglie del generale – prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa (vedovo dal 1978) il 12 luglio 1982. La chiesetta in cui si sposarono era quella di un paesino sui monti del Trentino. Una cerimonia discreta, timida, per pochissimi. Era una “sposina” quando arrivò a Palermo, al seguito del marito, nominato prefetto di una città sanguinaria. Era la sola persona di fiducia di Dalla Chiesa in quei 120 giorni trascorsi in Sicilia. Lei gli stava vicino come e più che poteva. Fino all’ultimo giorno. Dopo meno di due mesi dal matrimonio, la sera di venerdì 3 settembre 1982, alle ore 21.15, ora dell’agguato mortale a Palermo, la donna era alla guida della sua A112 con a fianco il marito. I loro corpi furono rinvenuti crivellati di colpi, con il generale che l’abbracciava come in un disperato tentativo di farle scudo con il proprio corpo. La ricostruzione indicherà che fu la prima a essere colpita dal sicario.
Il suo stargli accanto in quella guerra non era solo fisico: la ricostruzione dell’attentato indicherà infatti che, dopo le raffiche di kalashnikov contro la vettura, il sicario scese dalla sua motocicletta, girò attorno all’auto e con una pistola le sparò un colpo di grazia alla testa. Probabilmente Emanuela sapeva troppo perché si potesse correre il rischio che restasse in vita. Aveva sicuramente raccolto le ansie, le angosce e le paure del marito e per questo la mafia doveva essere sicura che morisse anche lei. Sia la madre, che la collaboratrice domestica hanno, infatti, ripetutamente sostenuto che Emanuela sapesse dove il marito custodiva alcune carte da utilizzare in caso di uccisione del Prefetto. Perfino la ‘Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Terrorismo in Italia e sulle Cause della Mancata Individuazione dei Responsabili delle Stragi’, nella seduta del 21 gennaio 1998, riconobbe che Dalla Chiesa aveva confidato alla moglie ‘se mi fanno qualcosa, tu sai che c’è il nero su bianco e sai dove prenderlo’. Di sicuro Emanuela Setti Carraro del marito aveva condiviso la convinzione che «certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli». E, così come le crocerossine non erano al fronte ma non si può certo dire che non abbiano preso parte alla guerra come i loro mariti soldati, Emanuela Setti Carraro rimase nelle retrovie della lotta alla mafia ma vi prese parte stando accanto al proprio compagno.
Ho nostalgia della vita passata nella villa di campagna…la vita scorreva serena, ma il nostro dovere era di ritornare qui, sempre in prima linea, perché questa è proprio guerra, sai? E delle più difficili da combattere