world refugee day, di Loredana De Vita
l’immagine è stata tratta al seguente link
https://writingistestifying.com/2022/06/20/world-refugee-day/
Siamo tutti un po’ rifugiati in questo tempo precario e confuso e tali restiamo poiché incapaci di guardare oltre i muri, ma, anzi, costruendone di nuovi.
Difficile è sentirsi “a casa” quando chiudiamo i nostri cuori e blocchiamo la nostra intelligenza defraudando ogni occasione di lungimiranza; quando la politica e l ‘economia fanno di tutto per confondere le idee senza avere alcuna idea da condurre e proporre.
Forse non ce ne accorgiamo, ma anche noi che ci crediamo solidamente ancorati alla nostra terra, in realtà non lo siamo poiché non abbiamo garanzia di un futuro sicuro e stabile.
Siamo rifugiati perché non sapendo bene a chi affidarci, ci fidiamo solo di noi stessi e, illudendoci di trovare un tempo e uno spazio in cui si possa coltivare speranza, ci chiudiamo nel bunker fortificato della nostra solitudine e indifferenza senza accorgerci che lasciare fuori l’altro significa togliere a sé stessi il futuro.
Siamo tutti rifugiati, anche noi scappiamo dal nostro presente, ma non navighiamo su barconi fatiscenti né camminiamo lungo percorsi impervi e pericolosi; non ne abbiamo la forza e il coraggio, forse, ma forse è perché ci arrendiamo all’inevitabile, delusi dalla promessa di libertà e democrazia in cui avevamo creduto.
La democrazia, però, non è un dogma, non esiste di per sé, sono le persone che devono costruirla rinunciando agli individualismi e agli interessi personali. Ne siamo capaci?
Quegli uomini, quelle donne, quei bambini che attraversano il male e la sofferenza per raggiungerci sperando di essere accolti, immaginando un futuro senza più guerre e paura, sono uomini e donne e bambini che non tarderanno a scoprire quanto abbiamo mentito e quanto li abbiamo traditi.
Molti saranno sfruttati, privati della dignità e della speranza, eppure, io vedo che anche nell’avvilimento più profondo, non perdono lo sguardo privo di orizzonti chiusi né il sorriso che li spinge a non arrendersi.
Sono uomini e donne e bambini cui il nostro buio appare meno fosco dell’oscurità da cui provengono, dovremmo imparare dalla loro perseveranza e credere anche noi in una possibilità per il nostro tempo anche se è una possibilità remota.
Io non percepisco i rifugiati come estranei, li sento parte del mio paesaggio fisico e interiore. Vorrei che avessero le stesse occasioni di tutti, poiché una terra senza confini e muri è la terra in cui credo, è la speranza concreta di dare un sgnificato alla propria stessa esistenza.
Non siamo distanti, non siamo diversi, siamo solo sparpagliati e allo sbaraglio in un’epoca in cui il senso dell’umanità è scomparso quasi del tutto perché soffocato dal profondo egoismo.
Siamo tutti rifugiati in questo tempo che non ci accoglie, tutti stranieri alla terra, alla propria terra, poiché non nelle cose ma nel pensiero libero e attivo risiede il senso e il valore della comunità terrestre.
Non possiamo più dividerci in terre isolate e altre privilegiate, non possiamo più inseguire il sogno di una supremazia strumentale sull’altro.
I confini si sono allargati, il filo che separa si è spezzato e non solo è inevitabile che le culture si incontrino e intersechino, quanto è addirittura essenziale e provvidenziale.
Nella voce dell’altro cerco e ritrovo la mia voce, nel suo passo deciso trovo riparo e incoraggiamento al mio passo stanco.
Siamo tutti ospiti su questa terra che crediamo di possedere e dominare, ma che, in realtà, sfregiamo e deturpiamo senza ritegno come se non ne fossimo parte.
Siamo tutti rifugiati e all’unisono dovremmo esprimere il desiderio di costruire una casa senza porte e finestre serrate, senza recinti e trappole per gli estranei, ma una dimora che tutti possano davvero nominare “casa”.
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