voltare pagina, di Loredana De Vita
https://writingistestifying.com/2023/01/29/turning-the-page/
Quante volte si dice “Ho voltato pagina!”, già, ma che significa?
Si può anche voltare pagina nella propria vita, persino più di una volta, ma questo cambia davvero la propria esistenza?
Dinanzi a noi tante pagine bianche e vuote da riempire in modo che sia evidente che sono nuove; dietro, ci sono le pagine già riempite di una vita che non si può nascondere o annullare, che resta scritta, nonostante la carta sia più consumata, graffiata, segnata da macchie di inchiostro che ne alterino la purezza.
Si volta pagina, ma non si abbandona il tempo scritto in precedenza, quello resta come segno indelebile di un percorso in ogni caso vissuto e che ci rappresenta, nel bene e nel male, in ciò che siamo e in ciò che vogliamo modificare.
“Voltare pagina” sembra facile, non lo è, però!
Che impressione fa quella nuova pagina vuota che si srotola intonsa tra le nostre mani ancora incapaci di comprenderne il senso e il verso, figuriamoci la direzione!
Quante domande nel timore di compiere un primo passo sbagliato che là, su quel foglio completamente pulito, mostrerebbe sé stesso e la nostra incongruenza in tutte le sfumature e, magari, ingigantita dal vuoto che ci circonda.
Con che cosa cominciare a segnare quella pagina bianca? Quale la proma parola che ne svergini la purezza candida?
Un articolo, forse, per definire il genere e il numero di ciò che si vuole rappresentare, ma quale sarà quel mistero che deve prendere forma? Un nome, forse, ma un nome proprio o un nome comune e, si capisce, già questo fa una bella differenza nella scelta di restare sul generico, oppure dare un nome e un cognome alla storia che si vuole narrare.
In fondo, si potrebbe cominciare col scrivere un aggettivo che qualifichi o descriva il soggetto da narrare e la sua azione ancora confusa e smarrita nei meandri del “tutto è possibile” cui, per un attimo e solo per uno, quel foglio bianco della nuova pagina delle nostra stessa vita, invita.
Già, perché se la pagina è nuova, noi non lo siamo e per dare forma nuova alle nostre azioni dobbiamo aver scelto un modo nuovo in cui il pensiero possa trasformare sé stesso in azione.
L’azione. Quale il compimento che ci proponiamo?
Poiché, infatti, nulla può restare sospeso fino alla prossima pagina, neanche se la scelta per la prima parola da scrivere dovesse cadere su un avverbio che descriva il tempo e il modo in cui quella precisa azione e non un’altra al suo posto, possa avere luogo.
Ma quale azione? Quale verbo potrà mai esprimere il significato e il potere con cui vogliamo determinare la vita nuova che andiamo costruendo?
Si sa, con i verbi e quindi con le azioni concrete, tutto si complica!
Si tratta di un verbo in forma attiva o passiva? E se fosse un verbo riflessivo? La “riflessione”, si sa, coinvolge tutto l’essere, ma la sua conseguenza non ricade mai solo sul suo apparente soggetto.
Ci sono, poi, quei verbi ausiliari che aiutano a dare forma a un tempo che possa porsi a metà tra presente, passato e futuro senza smettere mai di avere un significato. Nessuna persona, poi, può sfuggire alla tentazione, o forse al rischio, di impiegare un verbo servile per esprimere quelle azioni non in grado di definire sé stesse dando luogo alla volontà, al dovere, al poter essere prima che fare.
“Voltare pagina” implica una presa di coscienza. Vogliamo una pagina corale o una pagina in cui il soggetto sia sempre quello stesso narcisista “io” che ci ha indotti a “voltare pagina”?
Insomma, dire di voltare pagina non è difficile né farlo è impossibile, ma bisogna ben considerare che cosa questo significa poiché ogni pagina scritta nel libro della nostra vita non è carta straccia di cui liberarsi, ma parte di quel tempo che lentamente si consuma.
Voltare pagina cancellando ciò che è andato storto, è pura illusione cui neanche la fantasia più sfrenata può realmente affidarsi.
Non serve macchiare di inchiostro pagine e pagine di una vita di cui non acquisiamo cosciente consapevolezza. Non serve voltare pagina nella speranza di voltare la vita e mutarla a nostro piacimento mentre noi restiamo sempre uguali.
Ogni pagina è un segno, ogni pagina è un dono; ogni pagina è una voce che, talvolta, chiede perdono; ogni pagina è una vita che deve imparare ad amare mentre impara anche a lasciarsi amare nel tempo e con il tempo.
Che dire, infatti, della punteggiatura da applicare in quella nuova pagina affinché ci corrisponda e racconti ciò che siamo diventati?
Sarà una punteggiatura scarna ed essenziale, oppure pedissequa ed estremamente accurata? Lasceremo che grazie a quei segni di interpunzione la vita narrata scivoli in un flusso di coscienza talvolta incosciente, oppure puntualizzeremo ogni dettaglio affinché dia colore e forma e profumo di vero al nostro vissuto?
Chissà se lasceremo più spazio alla meraviglia dello stupore o ci perderemo nelle mille domande dell’infinito. Chissà quale sarà il passo, il timbro, il tono, l’urgenza della narrazione che ci accingiamo a vivere e non a descrivere soltanto. Tutto questo è una scelta, tutto questo è un segreto cui ciascuno dentro di sé dovrà trovare una locazione e una risposta.
Voltare pagina significa praticare una grammatica interiore che si compie in ogni rigo presente, passato e futuro del libro della nostra vita.
Voltare pagina non è mai diventare altro da sé, ma maturare sé stessi al ritmo della grammatica della vita.