il ritratto di Oscar Wilde, di Paolo Gulisano, recensione di Loredana De Vita

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Ci sono artisti la cui opera mi commuove sempre, di più la loro vita. Uno di questi è Oscar Wilde.
“Il ritratto di Oscar Wilde” (Ancora, 2009) di Paolo Gulisano è una biografia che alimenta tale emozione dando della vita di Oscar Wilde una chiave di lettura che, senza trascurare le fonti, riesce a interpretare l’anima del personaggio, i suoi punti di forza e quelli di fragilità, la presupponenza e l’umiltà, i vizi e le virtù producendo un ritratto di grande umanità che rende il personaggio più vicino e meno ostico, più comprensibile e più amabile.
Il titolo stesso della biografia “Il ritratto di Oscar Wilde” richiama con forza semantica quello dell’unico romanzo scritto da Wilde, “Il ritratto di Dorian Gray”, non solo per l’identificazione allargata con cui lo stesso Wilde si identifica con i tre personaggi principali (egli afferma “Basil è ciò che penso di essere. Henry è ciò che il mondo pensa di me. Dorian è ciò che io vorrei essere”), ma per l’uso della parola “ritratto” che in inglese si traduce come “portrait” ma che compare come “picture” nel titolo del romanzo intendendo non solo la figura della persona ritratta ma il paesaggio oin cui si muove, in questo caso paesaggio interiore, e, credo, sia questa la stessa scelta dell’autore di questa interessante biografia.
Difatti, durante la lettura, quello che affascina particolarmente non sono solo gli eventi della vita attraversata dal complesso e multiforme Oscar Wilde, ma la sua sensibilità, il suo egoismo anche, il suo essere una persona vera in una società, quella vittoriana, in cui il contrasto tra apparire ed essere è profondamento intriso non di morale ma di moralismo.
In “Il ritratto di Oscar Wilde” (Ancora, 2009) a cura di Paolo Gulisano, la figura di Oscar Wilde è protagonsta del suo tempo perché profondamente vera e profondamente umana.

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