combattenti in prima linea, di Ester Rizzo

Combattenti in prima linea

Ormai è noto l’apporto che le partigiane diedero alla nostra nazione. Non furono semplici collaboratrici ma spesso combattenti in prima linea. E in questo ruolo alcune detengono tristi primati.

Lucia Sarzi fu la prima donna arrestata dal regime fascista il 25 luglio del 1943. Attrice, partigiana e militante comunista era “la meticolosa tessitrice di rapporti e legami tra gli antifascisti nelle pianure del Nord Italia”. Era nata nel 1920 e chi l’ha conosciuta ricorda che la sera cantava la “Tosca” e poi si sedeva sul palco e ad alta voce leggeva Il Capitale. La Compagnia teatrale Sarzi venne messa all’indice dalla censura. Lucia fu arrestata a Casalbellotto in provincia di Cremona qualche settimana dopo l’uccisione dei fratelli Cervi e condotta  al carcere di Reggio Emilia, dove resterà fino alla metà del 1946. Lucia diceva: “A me basta che mi dicano che sono stata partigiana. Se poi vogliono aggiungere che sono stata la staffetta dei Cervi tra le tante cose che ho fatto, per me è la gratifica più grande”. È morta nel 1968.

Alma Vivoda, il cui vero nome era Amabile, è stata la prima donna italiana caduta durante la Resistenza antifascista. Maria era invece il nome da clandestina. Era nata il 23 maggio del 1911 a Chiampore di Muggia in provincia di Trieste. Fu una delle dirigenti più attive dell’organizzazione “Donne antifasciste”. Promuoveva la diffusione della stampa clandestina e curava la redazione del Foglio “La nuova donna”, che aveva fondato vendendo i suoi pochi oggetti di valore e comprando una vecchia macchina da scrivere. La polizia fascista aveva posto sulla sua testa una taglia di diecimila lire. Il 28 giugno del 1943, come racconta la sua compagna Pierina Chinchio, fu ferita alla testa dal carabiniere Antonio Di Lauro. Trasportata in ospedale spirò lì dopo poche ore. Il giorno dopo la sua morte un battaglione autonomo della Resistenza prese il suo nome. Dopo la Liberazione, ad Alma sono stati intitolati un circolo culturale nel borgo di Santa Barbara e una via a Chiampore. Nel 1971, nel luogo dove fu colpita a morte, è stato eretto un monumento per ricordarla. Ma il carabiniere che la ferì a morte è stato insignito nel 1958 della medaglia di bronzo al valore militare per quell’azione.

Francesca De Giovanni, nome di battaglia “Edera”, fu una partigiana nata nel 1923 a Monterenzio in una famiglia di antifascisti. Sin da piccola aiutava il padre mugnaio nel lavoro. Studiò fino alla quarta elementare e poi andò a servizio presso una ricca famiglia bolognese. Dopo la morte della madre iniziò la sua attività di propaganda antifascista. Venne catturata ed incarcerata a Bologna. La torturarono per un giorno intero ma non si lasciò sfuggire alcuna informazione e non diede ai suoi carnefici la soddisfazione di versare una lacrima. Venne fucilata il primo di aprile del 1944 insieme a cinque suoi compagni e divenne così la prima donna ad essere fucilata dai fascisti. A Bologna una strada e una scuola d’infanzia sono a lei intitolate e nel suo paese natale una via la ricorda.

Anche Giustina Abbà fu partigiana ed è stata la prima donna italiana ad aderire al movimento partigiano dell’Istria. Era nata a Rovigo nel 1903 ed era operaia in una Manifattura Tabacchi. Nel 1942 si iscrisse al Partito Comunista clandestino ed organizzò, insieme ad altre compagne, uno “sciopero contro la fame e la guerra”. La milizia fascista ed i carabinieri repressero la manifestazione e arrestarono sia Giustina che le altre scioperanti. Fu tra i fondatori del movimento popolare di liberazione di Rovigo e nel dopoguerra partecipò attivamente al fronte femminile antifascista locale. È morta nel 1974.