accadde…oggi: nel 2006 muore Vittoria Giunti, di Ester Rizzo
Nel 1956, nel piccolo comune di Santa Elisabetta, in provincia di Agrigento, fu eletta come sindaca Vittoria Giunti. Vittoria era nata a Firenze il 14 dicembre 1917 ed in seguito con la famiglia si trasferì a Roma dove si laureò in Matematica e Fisica. Dopo la laurea fu anche assistente all’Università di Firenze. Durante l’occupazione nazista si trovava nella capitale e proprio lì entrò nella Resistenza e diventò staffetta partigiana.
In quel mondo conobbe il partigiano siciliano Salvatore Di Benedetto con cui si sposò e con cui, nel 1945, si trasferì definitivamente in Sicilia, a Raffadali. Erano gli anni delle lotte contadine per la liberazione e la distribuzione delle terre ed erano anche gli anni in cui la mafia uccideva i sindacalisti.
Erano gli anni in cui mafiosi e proprietari terrieri riuscivano a non far applicare la legge Gullo in Sicilia. In quel contesto difficile ed arretrato, Vittoria seppe conquistarsi la benevolenza di tutti: “imparò a leggere le molti leggi non scritte, imparò a capire il dialetto…imparò a parlare la lingua sordomuta degli usi e dei costumi”. La prima cosa che chiese alla suocera, arrivando a Raffadali, fu infatti quella di insegnarle il dialetto. Si abituò subito alle facce dure dei contadini e al velo nero delle donne. Nel 1956 fu eletta sindaca e subito adottò il “bilancio partecipativo” che, in trasparenza, permetteva ai cittadini e alle cittadine di controllare le spese.
In un’intervista racconta: “Mi ricordo che c’erano nei quartieri delle donne che organizzavano, bastava una parola e queste donne sempre vestite di nero riuscivano a mobilitare un intero paese. Si mettevano lo scialle e uscivano. Ricordo le grandi manifestazioni, loro che non erano mai potute uscire di casa, erano le prime, adesso, in cima ai cortei. Un nuovo protagonismo dopo secoli di oppressione. Questa è stata la più grande rivoluzione che in Sicilia si è compiuta”.
Vittoria Giunti è stata anche direttrice di “Noi Donne” e della Casa della Cultura di Milano, dirigente del Partito Comunista Italiano e, durante, il periodo della Costituente, componente di diverse commissioni nazionali tra cui quella per il voto alle donne.
Per tanti è rimasta “partigiana sempre, nel cuore e nello spirito”. Rimanere in Sicilia, in un’isola così lontana dal suo mondo, fu per lei una scelta di amore e di lotta.
Nell’occasione di un 8 marzo del 2003, si rivolse così alle giovani di Santa Elisabetta:”Ma voi giovani, che ora siete libere di esprimere i vostri sentimenti…volgete indietro uno sguardo grato a quelle vostre nonne, a quelle vostre madri che posero la prima pietra del riscatto femminile, per loro, per voi, per tutte le donne, a partire da questo piccolo ma tanto amato paese di Santa Elisabetta”.
Quando nel 2006, Rita Borsellino venne sconfitta alle elezioni regionali, Vittoria, che stava per morire, riunì i suoi compagni politici che si sentivano fortemente demotivati e li invitò a continuare a lottare e a non demordere. Poco dopo morì a Raffadali il 3 giugno dello stesso anno.
Gaetano Alessi, nel 2009, ha scritto un libro “L’eredità di Vittoria Giunti” che ne racconta la vita ed il suo grande impegno politico e sociale.