il sonetto e la sonettessa, riflessione linguistica di Daniela Domenici nel 700° anniversario della morte di Dante

Mentre leggevo un saggio d’arte mi ha colpito un termine letterario che mancava nel mio vocabolario e del quale ho subito cercato il significato.

Non so quante e quanti di voi l’abbiano mai sentito o studiato: è “sonettessa”.

Ci sono una decina di siti che ne danno tutte e due significati ma l’unico che antepone quello strettamente letterario a quello dispregiativo è il Treccani online che così scrive:

sonettéssa s. f. [der. di sonetto]. – 1. Sonetto (detto anche sonetto con la coda o caudato) nel quale all’ultimo endecasillabo fa séguito un settenario rimante con esso e poi un distico di endecasillabi a rima baciata indipendente. 2. spreg. Sonetto di nessun valore artistico.

Mi è subito apparso evidente che già agli esordi della letteratura in volgare il gender gap esisteva e veniva manifestato anche così, con una femminilizzazione del termine “alto”, in questo caso “sonetto”, atta a evidenziare il poco o nessun valore del suddetto. Provate anche voi a controllare tutti i siti come ho fatto io, quasi tutti danno soltanto “sonetto di poco o nessun valore artistico”, pochi forniscono anche l’altro significato ma al secondo posto, escluso, come dicevo, Treccani.

Ed ecco un celebre esempio di “sonettessa” trovato sul web, è d Guido Cavalcanti, XIII secolo: due quartine e due terzine più il distico finale con rima indipendente, la “coda”

Amico, i’ saccio ben che sa’ limare

con punta lata maglia di coretto,

di palo in frasca come uccel volare,

con grande ingegno gir per loco stretto,

5e largamente prendere e donare,

salvar lo guadagnato (ciò m’è detto),

accoglier gente, terra guadagnare.

In te non trovo mai ch’uno difetto:

che vai dicendo intra la savia gente

faresti Amore piangere in tuo stato.

Non credo, poi non vede: quest’è piano.

E ben di’ ’l ver, che non si porta in mano,

anzi per passïon punge la mente

dell’omo ch’ama e non si trova amato.

Io per lung’ uso disusai lo primo

amor carnale: non tangio nel limo.