Sonia e il poeta, di Nadia Scappini, recensione di Loredana De Vita
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Definito “romanzo minimo” dalla stessa autrice, “Sonia e il poeta” (Il Vicolo, 2016) di Nadia Scappini, di minimo ha solo il numero delle pagine che richiamano più al senso dell’essenziale del tema che alla quantità della narrazione.
“Sonia e il poeta” è la storia d’amore di un uomo e di una donna che, ciascuno con la propria voce, ricostruisce il legame fino al momento della sua rottura. Alberto, il poeta, è un uomo attento, dedito, ma, nella voce di Sonia, si trasforma in un uomo che non la lascia vivere sostituendosi a lei in ogni cosa… per amore, certo, ma “per amore di chi?” mi sono chiesta leggendo. Sonia, d’altra parte, è una donna che ha attraversato dolori e solitudine che le hanno lasciato solchi profondi nel cuore, la sua determinazione non è mai rivelazione di sé, come se tutto dovesse solo essere compreso: Sonia “si lascia amare”, fino a quando non ne può più. Il suo atteggiamento, forse, la rende artefice e complice di quello quasi manachiale di Alberto.
I due si amano, ma si amano davvero? Che cosa è l’amore? Una sequenza di causa ed effetto?
Non è certo questo quello che la Scappini sembra proporre come spiegazione, anzi, l’amore, infatti, semplicemente “è” se si mette in discussione instaurando un dialogo e liberando l’io di ciascuno affinché la sua voce narrante possa sempre avere uno spazio nella parola e nella memoria.
C’è un ponte che unisce il dialogo e gli dà nuovi orizzonti, la poesia. La poesia che svela l’incanto e il disincanto, la poesia che interpreta il dialogo (anche quando è assente) e lo traduce nello spazio concreto di un tempo che, tra i due innamorati (o ex innamorati), seppure finito, resta infinito poiché infinita è la possibilità dell’amore di costruire un senso e una dimora all’esistere dell’uno e dell’altra ovunque le loro strade li conducano.
Il linguaggio della Scappini è sempre poetico, anche nella prosa e, se la parte in versi che descrive Sonia nella visione di Alberto è indubbiamente accattivante per il lettore che sembra di poter scivolare nelle emozioni dell’uomo innamorato e comprenderle, non di meno accattivante è la prosa che ha un ritmo tale da poter quasi leggerla ad alta voce nella metrica sottile e nascosta di una parola che si fa carne e dolore e comprensione anche di ciò che provoca dolore. Il rumore delle chiavi sul tavolino o lo scatto della serratura, inudibii persino ai protagonisti, diventano per il lettore, grazie alla parola puntuale, il fragore di un mare in tempesta, il naufragio di una barca contro gli scogli, la cupa attesa di una silenziosa alba.
Nella postfazione, Gianfranco Lauretano parla di un dialogo e di un metadialogo, «il dialogo tra i due amanti che raccontano dalla propria angolazione e sensibilità ognuno la stessa storia, e il dialogo tra prosa e poesia», una storia d’amore che nel tempo continua e che al tempo, in ogni caso, sopravvive, poiché ciò che dell’amore si è vissuto sopravvive e amore resta anche se, come sottolinea la Scappini nella sua “Nota semiseria”, «la bellezza feroce di Sonia» indica molto più di quello che appare ed è questo “oltre” che necessita tramite la parola, di essere svelato.
“Sonia e il poeta” (Il Vicolo, 2016) di Nadia Scappini è un “romanzo minimo” che ha ancora molto da raccontare poiché al cuore sussurra immagini essenziali per provare a interrogarsi e capire che cosa sia l’amore.