accadde…oggi: nel 1911 nasce Gaby Angelini, di Chiara Vanzetto

https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/20_marzo_22/gaby-angelini-ragazza-aviatrice-che-voleva-conquistare-cielo-879e1224-6c6e-11ea-8403-94d97cb6fb9f.shtml

Percorrendo i viali di quel museo en plein air che è il Cimitero Monumentale, lungo una delle strade interne del Riparto XVII, ci si imbatte in una statua che attira lo sguardo: una figura femminile in bronzo che sembra volersi sollevare, staccare dal suolo, con un braccio verso l’alto e il corpo slanciato in avanti. È il monumento funebre di Gaby Angelini (Milano 1911 – Uadi El Ghelda 1932), opera dello scultore milanese Giuseppe Enrini: nell’epitaffio si legge che «In ardimento cadde dal cielo e in gloria vi risalì».

Chi è allora Gabriella Angelini, detta anche Little Gaby o Lodoletta? È una figlia della buona borghesia meneghina, benestante, sorriso solare. Sicuramente volitiva, visto che non si assoggetta al desiderio dei genitori che vorrebbero farle studiare canto e pianoforte: lei sta cercando un’altra strada, fuori dagli schemi e dai luoghi comuni. La trova nel 1930 quando per caso fa un volo di prova alla Breda, la fabbrica milanese di velivoli militari e da turismo: sboccia la passione, vuole diventare aviatrice. Invece di far la calza e cercarsi un fidanzato, Gaby si iscrive al corso piloti della Scuola Breda con l’istruttore Francesco Monti e ottiene il diploma a 19 anni. Ci vuol poco perché la ragazza arrivi sulle prime pagine dei giornali. Come approccio partecipa al Giro Aereo della Lombardia arrivando settima al traguardo, poi compie un’impresa in solitaria emulando le gesta dei celebrati colleghi uomini dell’epoca: partendo da Milano e al ritorno atterrando al Campo di aviazione di Taliedo (ai tempi l’aeroporto di Milano, in zona Sud Est), percorre senza incidenti un raid che sorvola otto paesi europei.

Il regime la incoraggia, al Duce piace dimostrare che le donne italiane non sono da meno delle straniere, l’aviazione è considerata un fiore all’occhiello: Gaby diventa molto popolare, riceve l’onorificenza dell’Aquila d’Oro e un telegramma di congratulazioni da Italo Balbo. Così viene spinta a cimentarsi in una sfida molto più difficile, un’avventura pazza davvero: arriverà fino a Karachi e Nuova Delhi in India sorvolando il Nord Africa, un volo da oltre 10 mila chilometri. Milano, Roma, Trapani, Bengasi, e fin qui tutto bene. La mattina del 3 dicembre 1932 dall’aeroporto di Bengasi si alza diretta a Tobruk, ma nei dintorni di Cirene dal deserto libico si leva una tempesta di sabbia: i resti dell’aereo e il corpo vengono ritrovati pochi giorni dopo nei pressi dell’oasi di Uadi El Ghelda. La sua fine, considerata da Mussolini una sorta di scacco pubblico, cambierà l’atteggiamento del regime nei confronti delle aviatrici: meglio che le donne restino solo angeli del focolare.

Per saperne di più, online si trova ancora «Il diario di Gaby», curato dalla madre ed edito da Mondadori. Mentre un ricordo si conserva al Museo della Scienza: il motore del suo apparecchio Breda 15, recuperato in Africa dopo l’incidente. Per ora è nei depositi, ma si spera di esporlo presto accanto a un altro apparecchio dello stesso modello, sospeso come se fosse in volo nel Padiglione aeronavale del museo.

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