uomini e topi, di John Steinbeck, recensione di Loredana De Vita

https://writingistestifying.com/2022/10/10/john-steinbeck-uomini-e-topi/

“Uomini e topi” (Bompiani, 2010) di John Steinbeck è un breve romanzo che non si può non leggere tutto di un fiato non solo perché, come sempre, lo stile dello scrittore è scorrevole e capace di catturare il lettore travolgendolo nella narrazione, ma perché la storia in sé ha il fascino doloroso della realtà presente.
Il romanzo fu pubbicato nel 1937 negli Stati Uniti e l’anno successivo in Italia con traduzione di Cesare Pavese. L’ambientazione è la California, ma essa ha un respiro più ampio rappresentando la grave crisi ed emigrazione contadina che seguirono gli anni della Depressione.
Eppure, sebbene sia ben evidenziata la vita dei contadini che si spostavano di ranch in ranch con in testa il sogno di un pezzo di terra da coltivare in proprio, il romanzo narra della storia di un’amicizia profonda il cui esito sarà sconvolgente per i protagonisti in primo luogo, ma anche per i lettori.
Due giovani in cerca di fortuna, George e Lennie, viaggiano insieme per trovare lavoro, ma sono costretti a cambiare spesso ranch a causa dei “guai” (come li chiama George) che Lennie combina continuamente ovunque essi vadano.
Mai coppia di amici fu così differente eppure così unita da un legame di rispetto e affetto come George e Lennie. Opposti per statura e per intelligenza, George è piccolo ma sagace mentre Lennie è grosso ma con dei limiti mentali, i due cercano insieme di immaginare e costruire quell’oasi di pace in cui possano essere sé stessi senza aver paura di essere mandati via. È questo il loro sogno.
George, in realtà, protegge Lennie che, senza di lui, non avrebbe potuto sopravvivere in un’epoca così crudele. Eppure, anche George sarebbe stato sminuito dall’assenza di Lennie che lo riporta a una realtà e responsabilità umana più importante e significativa di quella che li circonda, spietata e arrivista, priva di sentimenti e solo con il timore di perdere ciò che si ha.
George presenta Lennie come un lavoratore forte, capace di fare qualsiasi cosa perché “è molto forte” anche se “non è una cima”, dice George implorando Lennie di far parlare solo lui. La fragilità di Lennie nel suo ritardo mentale è quella di amare accarezzare ciò che è morbido, ma di non essere capace di regolare la forza delle sue carezze. Così, uccide i topolini che raccoglie per avere compagnia, oppure il cagnolino cui si è affezionato, e così anche una donna, attratto dalla morbidezza dei suoi capelli.
L’unico pensiero di Lennie quando si accorge di aver combinato “un guaio”, è quello che dirà George, il timore che possa arrabbiarsi al punto da vietargli di prendersi cura dei “conigliettti” nella loro immaginaria fattoria del futuro. Alla fine, George si troverà dinanzi a una scelta drammatica (di cui non rivelo nulla) che segnerà per sempre il crollo dei loro sogni.
Il titolo, ripreso da una poesia del poeta scozzese Robert Burns i cui versi inneggiano alla condizione comune tra uomini e topi di fare progetti che poi spesso avranno un esito cattivo, richiama al mistero della vita e della morte, alla sua imprevedibilità che rischia di diventare una trappola per chi “osa” sognare ancora.
“Uomini e topi” (Bompiani, 2010) di J. Steinbeck è una storia di ingiustizia e solitudine, incomprensione e discriminazione, ma è anche la storia di un’amicizia oltre ogni confine.

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