memory, di Loredana De Vita

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“Altro non siamo che voce – la storia e la memoria” di Loredana De Vita, recensione di Daniela Domenici

Fare memoria vuol dire farsi carico della storia dell’altro. Non importa se noi c’eravamo o meno, è Storia e la Storia appartiene a tutti, è il nostro bagaglio, è la capacità di discernere il seme marcio da quello che darà frutti salubri.
Questa è la Memoria,Storia e la Storia non può essere negata anche se c’è chi prova a occultarla, anche se si finge che nulla sia accaduto. La Storia esiste e parla per tutti coloro che non possono farlo più.
Il resto, cioè cosa fare della Storia, è una questione di scelte, ma teniamo ben presente che nessuna scelta dovrebbe mai indurre ancora a defraudare le persone della loro dignità e del loro diritto naturale di esistere. Questo vale per tutti, ebrei e non ebrei, cristiani e non cristiani, musulmani e non musulmani e chi più ne ha più ne metta.
Eppure, accade. Accade ancora e nonostante gli scellerati e falsi “mai più” ostentati ed esibiti ogni anno in questo giorno e poi subito dimenticati. Abbiamo lasciato che le emozioni prevalessero e abbiamo accantonato la Storia. Le emozioni, però, passano, la Storia resta e non smette, né deve, di urlare quanto l’umanità sia capace di degradare sé stessa ripetendosi ancora e ancora, persa nello svuotamento di senso, segnata dall’indifferenza verso ogni altro che non sia sé stessi.
La Storia serve, urge che la Storia pronunci alta la sua voce.
Le narrazioni dei testimoni suscitano emozioni profonde, ma ci si è abituati ad ascoltarle come un rituale, o, peggio, come fossero dei podcast da interrompere a piacimento e, poi, magari, tornare a riascoltare a intermittenza: voci spezzate dalla routine che ci travolge e non sempre ci appaga.
Le versioni cinematografiche , molto intense, vengono ormai guardate come si guardano i film di Natale, senza cura della verità che stanno narrando, un rituale anche quello. Esse così restano distanti mentre con faciltà facciamo zapping sul notro super accessoriato televisore.
La Storia, i documentari, i documenti, la ricerca dei frammenti di vita attraverso le fotografie, le lettere, i diari interrotti, questo è ciò che bisogna “studiare” affinché quell’atroce e ripetuta indifferenza si sveli nella realtà di quello che è: miseria dello spirito dell’Uomo che ha smesso di essere sé stesso.
Come possiamo non accorgerci che quella stessa “banalità del male” è stata perpetuata in una definizione dimenticata che, però, si rinnova di ora in ora nel nostro quotidiano?
La Memoria della Shoah è dovuta, è la memoria di un orribile evento storico che ci ha denudati mostrando la capacità degli esseri umani di tradire l’umanità stessa anche in nome del nulla.
Quel ricordo non è un ricordo ma una memoria, è, cioè, un simbolo, un faro acceso, un richiamo che ogni persona ha il dovere di non trascurare per essere desti dinanzi alla propria facile caducità, saperle resistere e porre riparo prima che il dolore sia la nostra macchia sulla Terra.
La vita di quelle persone non può tornare indietro, nessuno può cancellarne la sofferenza con la semplicità con cui ne è stata cancellata l’esistenza. Eppure, oggi, dobbiamo porci tante domande su quell’evento e su tutti gli altri eventi che fino a oggi, sebbene abbiano grandezza numerica inferiore in quanto al numero dei perseguitati, rappresentano la stessa perdita di valori e di senso, lo stesso tradimento della vita e del creato.
Se di quei fatti non siamo stati testimoni, di questi sì, lo siamo e ne siamo anche responsabili.
Non solo oggi, ma ogni giorno bisogna fare tesoro della voce della Memoria, di quella Storia che continua a narrare l’ottusità degli esseri umani, nemici di sé stessi, che non amano il bene ma si prodigano nell’avvinghiarsi al male.

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