accadde…oggi: nel 1760 nasce Luisa Palma Mansi, di Laura Candiani
Figlia di Girolamo Palma e Caterina Burlamacchi, Luisa nacque a Lucca il 23 febbraio 1760 da famiglia aristocratica proveniente da Parma. Non si sa nulla dei suoi studi, ma dai diari (scritti in un francese piuttosto approssimativo) si deduce una discreta istruzione; doveva essere anche una buona lettrice. Nel 1783 sposò Lelio Francesco Mansi, più anziano di 18 anni, appartenente ad una casata prestigiosa; fu uomo politico e importante giureconsulto nel difficile periodo di transizione, dalla repubblica alla dominazione napoleonica. Il 14 luglio 1805 a Luccasi insediarono ufficialmente i principi Baciocchi e Luisa divenne ― come altre nobildonne ― dama di corte. Nel 1807 morì il marito Lelio e Luisa per cinque anni non compilò il diario, consistente in quattro piccoli quaderni scritti fittamente e rilegati in pergamena, per un totale di quasi mille pagine.
Appare indispensabile a questo punto considerare il quadro storico e soffermarsi sulla figura di Elisa Bonaparte, la sorella di Napoleone nata in Corsica nel 1777, battezzata come Maria Anna. Ambiziosa, capace, energica, une femme formidable la definiranno in Francia; Alessandra Necci nel suo recente volume Al cuore dell’impero aggiunge: «Non bella né piacevole, certo, ma determinata, volitiva, calcolatrice, perentoria, mascolina per mentalità e aspetto, attenta ai dettagli dell’arte di governo, “asciutta” su affetti e sentimenti, ottima amministratrice ed esperta di marketing anzitempo, Elisa si è fatta apprezzare dalle popolazioni che ha governato e anche dal fratello, benché non sia mai arrivata a farsi amare».
Sposa Felix Pascal Baciocchi, né bello né intelligente, nobile ma squattrinato, poco stimato dai superiori nell’esercito, ma almeno è un marito quando non se ne vedevano altri all’orizzonte. La fortuna della coppia arriva appena Napoleone diviene Primo console, iniziando una vita ricca e mondana a Parigi. La svolta successiva è l’Impero: il 28 marzo 1805 Elisa è nominata principessa ereditaria di Piombino, pochi mesi dopo avrà il principato di Lucca, elegante, colta, bella cittadina toscana dalla prestigiosa storia.
Arrivando nella sua corte il 14 luglio troverà, secondo le sue stesse parole, «persone amabili»; tempo dopo, finita la gloria, ripenserà a questo periodo come al più bello della sua vita. L’anno successivo i possedimenti si allargano e comprendono Massa, Carrara, parte della Garfagnana fino alle sorgenti del fiume Serchio.
A Lucca, dove la si ricorda in vari dettagli odonomastici e non solo, fonda un importante convitto per ragazze e una banca, riscrive la Costituzione sul modello del Code Civil, fa costruire strade e ponti, riorganizza l’urbanistica, valorizza le terme di Bagni di Lucca con le loro sorgenti sulfuree e le cave del meraviglioso marmo bianco di Carrara.
Dà impulso all’agricoltura, al commercio, alle concerie, ma anche alla cultura e all’arte. Paganini, Spontini, Monti, appena in città, si sentono circondati da calore e stima. Ma la scalata al potere non è finita: Napoleone nel 1809 le conferisce il titolo di granduchessa di Toscana; di lì a poco il trasferimento a Firenze, nella reggia che fu dei Medici, palazzo Pitti, dove tuttavia non fu accolta con lo stesso affetto della popolazione lucchese. Gli eventi storici, come si sa, in pochi anni precipitarono e dopo il Congresso di Vienna tutta la famiglia di Napoleone, che tanto aveva beneficiato del potere dell’illustre parente, si trovò in difficoltà; Elisa dovette vendere i suoi beni e i gioielli e trasferirsi presso Gorizia, in una tenuta in campagna. Il 7 agosto 1820 la morte la raggiunse prematuramente, forse per febbri malariche oppure per una malattia incurabile. Le sopravvisse solo una figlia, Napoleona; i tre figli maschi erano morti neonati o piccolissimi.
Luisa Palma inizia il diario nel 1791, ben prima dunque del dominio napoleonico, e lo conclude vicina alla morte, citando l’elezione di papa Innocenzo XIII. È evidente che si tratta di appunti per un uso privato, definiti da lei stessa Mémoires, ben diversi da quelli, ad esempio, di Madame de Stäel o di Madame de Sévigné, destinati alla pubblicazione e a una lettura diffusa. Nel diario di Luisa si alternano eventi banali e quotidiani, ad avvenimenti di importanza storica e politica, che durano ancora oggi nella memoria collettiva. Nella stessa pagina può addirittura citare, con il medesimo tono, il difficile parto di una amica, l’esecuzione di Luigi XVI di Francia e l’invito a una serata mondana. Tuttavia, troviamo interessanti riferimenti alle piccole e grandi vicende dell’epoca, di cui si parla in famiglia e a corte: la principessa Elisa acquista la splendida villa con parco a Marlia e fa abbattere un intero quartiere per realizzare una ampia piazza (oggi Piazza Napoleone) proprio davanti alla sua residenza. Nel suo riordinamento della città fa aprire nelle imponenti mura rinascimentali una porta a forma di arco trionfale, detta Porta Elisa, rivolta verso i possedimenti che conducono in direzione di Pistoia e Firenze.
Fa costruire un palazzetto a Piombino dove ama trascorrere dei periodi perché ne apprezza il clima favorevole e la piacevole aria di mare, ricordo della patria non lontana. Talvolta Luisa cita fatti di portata locale, come le piene rovinose del fiume Serchio, altre volte si tratta di fatti che cambieranno la storia, come quando Napoleone entra a Mosca e poi deve abbandonare la Russia, oppure quando gli scontri fra navi inglesi e francesi nelle acque di Viareggio anticipano il momento in cui l’esercito inglese costringerà i Baciocchi, nel 1814, a lasciare Lucca.
Luisa e la cittadinanza tutta sperano di riacquistare a breve l’indipendenza. Nuovi eventi si susseguono velocemente: Napoleone riorganizza le truppe, dopo la fuga dall’isola d’Elba, finché viene sconfitto in modo definitivo. Con il Congresso di Vienna si decide che Lucca sia governata da Maria Luisa di Borbone; Luisa gioisce del suo insediamento ufficiale, nel 1817, ma si deduce dal diario che non avrà rapporti con la nuova regnante. Piuttosto avanti con gli anni dirada le sue note e muore nella città natale nel 1824.
Sulle fitte pagine del memoriale, come abbiamo già rilevato, compaiono mille annotazioni relative alla sfera intima e privata che sono state suddivise in alcune sezioni dalla studiosa Isabella Pera secondo i principali temi trattati. Si comincia naturalmente con la vita quotidiana a Lucca e presso l’ambiente di corte: fidanzamenti, matrimoni, nascite, morti, monacazioni, malattie. Un altro filone un po’ più frivolo riguarda la moda, gli abiti, i regali, il denaro. Assai interessante il terzo, che corrisponde a uno dei principali scopi della principessa Elisa, amante delle arti, della musica, del teatro, ovvero «trasformare la vita nel più elegante dei giochi» (definizione di Benedetta Craveri): salotti, spettacoli, intrattenimenti dell’aristocrazia.
Un altro elemento ricorrente si lega alla religiosità e ai riti, assai sentiti localmente. Da queste pagine spontanee e senza filtri si evidenziano l’amore della donna per i propri cagnolini (che in parte forse sostituirono i figli che Luisa non ebbe), la passione per la musica e il melodramma accompagnata da una certa sensibilità personale (assisté, fra l’altro, alle esibizioni al violino di Paganini e Kreutzer e si spostava per gli spettacoli fino ai teatri di Livorno e di Pescia), il rifiuto per la figura del “cavalier servente” che reputa ridicola e superata (anche se lei stessa se ne serviva, secondo l’uso del tempo), il gusto condiviso per le belle feste e i veglioni mascherati durante il Carnevale, il rilievo dato alle celebrazioni della festa di Santa Croce, tanto cara alla popolazione lucchese.
«Ma oltre il contenuto, il diario della Mansi rappresenta una rara e interessante fonte di scrittura femminile autobiografica; è significativo il fatto ― afferma Isabella Pera ― che una donna di fine Settecento abbia avuto il desiderio di conservare memoria di fatti pubblici e privati (anche se la sfera dell’intimità e gli affetti rimangono solo in parte percepibili) con una lingua diversa dalla sua ― il francese dei modelli culturali e sociali dominanti, ma anche degli invasori e dei tiranni che pongono fine alla secolare indipendenza lucchese ― utilizzando la scrittura come uno spazio di autolegittimazione, per segnare in qualche modo le tappe più significative del proprio percorso esistenziale».